Le energie rinnovabili viste dalla prospettiva delle grande aziende elettriche.
Mario Sanchez-Herrero, Traduzione di Federico Tarantino
La recente evoluzione tecnica e tecnologica delle energie rinnovabili ha causato un grande cambiamento nel panorama energetico monopolizzato dalle utilities. Le fonti di energia rinnovabile suppongono una sfida non da poco per le ex imprese monopoliste o di stato che non sono riuscite ad anticipare adeguatamente questo cambiamento. Così come è successo nel settore della costruzione e della finanza, i manager delle corporation elettriche non sono riusciti a prevedere cosa sarebbe accaduto nel futuro prossimo.
Il prezzo di un pannello fotovoltaico, come noi sappiamo ma non tutti sanno, si è abbassato di un 80% in 4 anni. E ovviamente questo le grandi aziende avrebbero dovuto prevederlo. Questa tecnologia non sarebbe stata semplicemente una opzione fra le tante. Era l’asse fondamentale su cui articolare lo sviluppo del modello energetico del nostro secolo. Tuttavia, invece di cambiare il business model dopo questo scenario di innovazione tecnologica, le multinazionali dell’energia scommisero sul business as usual vecchio stampo. Possiamo definirlo come l’inerzia del monopolio.
A questa tipologia di azienda è sempre mancata la cultura di fare impresa siccome era naturale per loro prestare un servizio in esclusiva a una tipologia di clienti, ovvero a coloro che hanno un contatore, ovvero alla maggior parte delle persone. Che senso avesse quindi domandarsi: quali sono le vere necessità dei miei utenti prima e clienti dopo?
Le grandi imprese elettriche intesero le energie rinnovabili come una semplice evoluzione del loro modello tradizionale. Una evoluzione alla quale mancava ancora tempo per occupare il centro del sistema elettrico e con la quale non si andava a mettere in discussione la loro egemonia. In una decina di anni, quando ci sarebbe stato il passaggio alle fonti di energia pulita, sarebbe bastato rimpiazzare le centrali termiche tradizionali con enormi parchi eolici e fotovoltaici. Certamente rimanevano piccoli generatori eolici e fotovoltaici come adesso esistono turbine di piccola taglia o generatori diesel. Tuttavia la parte del leone sarebbe stata nella mani delle grandi aziende.
La legge dopo il Primo Conto Energia e fino al Quinto Conto intraprese questa direzione per sviluppare le energie rinnovabili, in particolar modo le installazioni fotovoltaiche, siccome l’eolico in Italia fu fondamentalmente ostacolato dalla opinione pubblica. La tendenza abituale durante il Secondo, Terzo e Quarto Conto Energia era dare gli incentivi ai grandi parchi fotovoltaici in mano alle grandi corporations energetiche attraverso fondi di investimento o altri veicoli finanziari. Nessuno aspirava a un cambio di paradigma; grandi aziende e governo si sono ritrovate a lavorare insieme per gestire una transizione senza questionare lo status quo. Uguale a come era già avvenuto in passato per i famosi incentivi CIP6 che sono andati a pochi grandi aziende petrolifere o ai termovalorizzatori (di rinnovabile c’era quasi niente).
Tuttavia la logica tecnica e tecnologica delle energie rinnovabili sfidava il quid del modello di attività economica della grande azienda. Da un lato, il proprietario di un pannello o di un mini aerogeneratore ha bisogno solamente di una risorsa gratuita come il sole o il vento per soddisfare le sue necessità energetiche. Certo è che anche con il gas naturale un consumatore domestico può installarsi una piccola centrale di cogenerazione al posto della centrale termica. La centrale sarà di sua proprietà (Nota dell’autore: ma gestita da un terzo responsabile), tuttavia non avrà raggiunto nessun tipo di indipendenza poiché sarà costretto a dipendere da un combustibile fossile di difficile estrazione da parte di un comune privato. Dall’altro lato risulta che con le energie rinnovabili si mette in pratica la teoria Schumacheriana “il piccolo è bello”. Bello ed economico, più competitivo della produzione da grande centrale elettrica. La energia prodotta dai pannelli fotovoltaici è già più economica dell’elettricità che ci viene venduta dalle utilities, e questo senza tenere in considerazione le esternalità negative prodotte dalle centrali tradizionali. Non si paga il trasporto né la distribuzione, infine nemmeno si perde il 10% dovuto alla voce “perdite di rete”.
A tutti coloro che argomentano che in ogni modo ci sarà bisogno della complessa e costosa rete di trasporto e distribuzione perché altrimenti il modello basato sull’intermittenza delle energie rinnovabili sarà ingestibile, bisognerà rispondere in maniera semplice. Oggi è così, ma ancora per poco se si lasciasse funzionare il mercato davvero liberamente (permettendo cioè l’entrata nel mercato di piccoli produttori ed applicando davvero le leggi del libero mercato). In un ipotetico scenario in cui si allacceranno alla rete numerose installazioni fotovoltaiche si andrà a ridurre sensibilmente la domanda di kWh dalle grandi centrali. Di conseguenza diminuirà considerevolmente il flusso di elettroni che circola nella rete di trasporto e di distribuzione. Il risultato sarà che, tanto il prezzo per l’utilizzo della rete come il prezzo di generazione delle grandi centrali termiche tenderà ad aumentare molto perché bisognerà ripartire fra molte meno persone (o POD o connessioni passive) i kWh dei loro investimenti. Il resto della storia è facile da anticipare: se la elettricità proveniente dalla rete è più costosa (e questo senza considerare le esternalità negative o una carbon tax), l’incentivo per montare piccole centrali di produzione è maggiore e di conseguenza si consumerà ancora meno kWh della rete. Si creerà un modello di generazione e consumo locale, distribuito, fatto da piccole realtà ad elevato contenuto tecnico e tecnologico. E più conveniente da un punto di vista economico del modello attuale centralista.
Le energie rinnovabili sono quindi una seria minaccia per l’oligopolio e una grande opportunità per il consumatore finale di diventare soggetto responsabile nella lotta al cambio di paradigma. Da qui l’accanimento dei governi (in Italia e in Spagna) ad ostacolare lo sviluppo del settore fotovoltaico in particolare. Attualmente questi due governi sono stati disposti a sacrificare dei pezzi della scacchiera, ovvero l’unica scommessa solida nel campo delle energie rinnovabili che le grandi imprese possono ancora comandare: l’energia eolica, la quale ha sofferto nel sud Europa di un brusco rallentamento (il caso Spagna è davvero eclatante). Perché l’energia eolica molti si chiederanno? Perché i kWh del vento hanno priorità di dispacciamento nel pool elettrico; si tratta di una tecnologia con costi variabili circa pari a zero (il combustibile è gratis e i costi di O&M sono molto bassi), lasciando fuori dal mercato le centrali termiche, soprattutto quelle a ciclo combinato, che per non perdere soldi hanno dovuto fare lobby nel parlamento per vedersi riconoscere la famosa Paying Capacity.
Chiudiamo dicendo che: le energie rinnovabili sono il maggior bene per l’umanità e il pianeta Terra ma l’affare peggiore per le grandi corporazioni. La battaglia è ancora aperta, ci sono già delle imprese che stanno cedendo i loro investimenti nel fotovoltaico alle grandi aziende che ringraziano e vedono con piacere i frutti delle loro politiche nazionali. Allo stesso tempo nascono altre imprese o start up che affrontano il dilemma con altre strategie.
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