Gli USA avrebbero riserve petrolifere maggiori dell’Arabia Saudita. Ma farebbe poca differenza.
Di Dario Faccini
Il titolo del comunicato stampa è diretto: “Ora gli USA detengono più riserve petrolifere dell’Arabia Saudita”.
La voce ha il suo peso, essendo quella della Rystad Energy, una società di consulenza con sede a Oslo che mantiene costantemente aggiornato un database riservato di 60.000 giacimenti.
A sostegno dell’affermazione viene citato uno studio interno alla società che ha cercato di adottare un’unica metodologia di valutazione dell’entità delle riserve, invece della babele che risulta da quelle pubblicate dai singoli stati.
Il risultato si può apprezzare nel grafico qui sopra, con le riserve mondiali stimate in quasi 2100 miliardi di barili, circa 70 anni della produzione attuale (30 miliardi di barili l’anno). Circa il 30% verrebbe da petrolio non convenzionale (es. da formazioni a scisti, shale) e un altro 33% da giacimenti collocati in mare, soprattutto da acque profonde.
Interessante osservare come, per il petrolio convenzionale, la stima sia ben più bassa di quelle ufficiali della IEA e di altre fonti. Ne esce fortemente ridimensionato anche il petrolio non convenzionale del Venezuela, mentre gli USA si vedono assegnare circa 130 miliardi di barili di tight oil, la metà delle riserve rimanenti nel paese americano.
Rispetto alle stime ufficiali raccolte ad esempio dalla BP, la classifica degli stati detentori delle maggiori riserve di petrolio viene stravolta. Agli Stati Uniti sono assegnati 264GB (55GB da stime ufficiali), seguiti a ruota dalla Russia con 256GB (ufficialmente 102GB), poi l’Arabia Saudita con 212 GB (invece dei 267GB dichiarati).
Posto che stimare le riserve mondiali di petrolio è in parte un atto quasi divinatorio e, per molti esperti, forse anche propiziatorio, questo studio è però una mosca bianca tra quelli pubblicati da società di consulenza, normalmente abituate a comunicare stime ben più ottimiste.
Ecco perché le conclusioni di questo comunicato stampa sono piuttosto significative:
Questi dati confermano che sul pianeta c’è rimasta una quantità relativamente limitata di petrolio recuperabile. Con il parco automobilistico globale che potrebbe raddoppiare da uno a due miliardi di autoveicoli nei prossimi 30 anni, diventa molto chiaro come il petrolio da solo non possa sostenere il bisogno crescente di mobilità individuale.
Il ‘bisogno crescente di mobilità individuale’ è, evidentemente, un bisogno indotto, non una costante fisica.
….E indotto in modo spudorato dall’industria automobilistica di tutto il mondo, con sempre maggiori “ecoincentivi” truffaldini (nella maggioranza dei casi, si nuoce molto di più all’ambiente producendo un’auto nuova che lasciandone circolare una vecchia) .
Bisogno indotto? Da chi?
Ma se abiti in un affollata città in un minuscolo appartamentino che fai? Te ne stai in prigione? No, esci, metti in moto l’auto e cerchi di fuggire dal cemento e dallo smog.
Da quando ho traslocato in campagna è cambiato tutto, ora nel’ week end l’auto resta ferma in garage (e durante le ore di sole si ricarica)
Ritengo che la sovrapopolazione responsabile del nostro bisogno di mobilità motorizzata.
Condivido pienamente Mau.
Anche io da quando mi sono trasferito in campagna…..ormai da diversi anni….la macchina là si usa solo per andare a lavoro.
Nel week end restiamo qui….e siamo ben contenti di poterlo fare.
basterebbe rendere vivibili le città stangando duramente chi nuoce con rumori e disturbi vari i cittadini. Invece le amministrazioni pubbliche si muovono all’opposto, derogando ampiamente alle leggi vigenti per favorire i pubblici esercizi.
E a chi fa comodo avere una massa enorme di persone raggruppate in città sempre meno a misura d’uomo?
Le città così come le conosciamo adesso hanno cominciato a svilupparsi con la “rivoluzione industriale” che ha portato sicuramente a grandi benefici (soprattutto per piccoli gruppi sociali) ma ora ne stiamo cominciando a percepire i limiti.
Alla fine sono stati indotti dei bisogni non reali (vedi automobili per muoversi o mega navi per vacanze e tanto altro ancora) che sembrano reali per chi è immerso nella realtà (sempre costruita ad arte) delle città industrializzate attuali ma di fatto non sono bisogni reali bensì fanno parte di una catena legata ai principi del consumismo figlio dell’attuale cosiddetta economia di mercato (diciamo pure capitalismo).
Sia ben chiaro: non sono un sostenitore del comunismo o di qualsivoglia teoria antitetica del capitalismo, sono semplicemente dell’idea che qualsiasi teoria/pratica che porta a risultati catastrofici può e DEVE essere eliminata/sostituita da soluzioni migliori.
Penso che nel terzo millennio dovremmo essere in grado di trovare delle soluzioni migliori del capitalismo così come viene definito adesso (schiavo della crescita infinita a tutti i costi)!
Se non lo siamo meglio che lasciamo il nostro posto ai babbuini!
Buona lunga estate calda a tutti!!!!!!!!!
@Giuseppe
“E a chi fa comodo avere una massa enorme di persone raggruppate in città sempre meno a misura d’uomo?”
Risposta: Fa comodo alle industrie poiché quella massa di popolazione per lavorare, vivere e mangiare dipende al 100% da queste.
Ma la colpa è anche di chi ha abbandonato le campagne pensando di trovare vita più facile in città
Ma la colpa è anche di quei contadini che hanno fatto 8-12 figli: questi hanno ereditato terreni troppo esigui per poter sopravvivere ed hanno dovuto migrare in città.
non è più possibile basarsi solo sul petrolio, ma gli uomini di alto livello non lo vogliono capire. Dove finiremo non si sa…