Un libro agile da leggere in questa strana estate

In tutto questo disordine ideologico, fa una certa impressione leggere un libro il cui unico scopo è indurre ad un ragionamento razionale sulla crisi ecologica.

Di Luca Pardi

È sempre più evidente la necessità di una profonda transizione della nostra società industrializzata globale. Tutti hanno capito che c’è qualcosa di profondamente guasto nel modo in cui una popolazione umana di ormai quasi otto miliardi di individui interagisce con gli ecosistemi terrestri e il resto della biosfera. Tutti? Non proprio, anzi, le persone pienamente consapevoli della drammatica situazione ecologica, costituiscono ancora una minoranza.

L’altra minoranza, quella del BAU (Business As Usual) ha il vantaggio di difendere un paradigma che, a prescindere dai giudizi morali che gli si vuol dare, ha avuto successo nell’aumentare il benessere di centinaia di milioni di persone e attrarre l’immaginazione di altri miliardi di persone. La maggioranza è fatta da chi segue più o meno inconsapevolmente uno o l’altro schieramento. I governi cosiddetti democratici si barcamenano fra l’impossibile dettato della crescita infinita e l’ossimoro dello sviluppo sostenibile più o meno dipinto di verde.

Ancora non si è capito, o almeno io non ho capito, se la pandemia in corso abbia messo in secondo piano il tema ecologico e quello energetico che né è il cuore, oppure ha risvegliato l’istintiva comprensione del legame profondo che, come specie animale, abbiamo con l’ambiente in cui viviamo. In questa situazione affrontiamo un’estate strana in cui sembra che la maggioranza delle persone cerchi di ritrovare la cifra della normalità, il mare, la montagna, i tatuaggi sfoggiati in spiaggia, perfino le file in autostrada sembrano il segnale che “tutto è andato bene” e si torna alla normalità. Ma le mascherine, le file fuori dai centri commerciali nei quali l’ingresso è ancora contingentato, i continui richiami al distanziamento fisico, eufemisticamente preferito al distanziamento sociale (a essere pignoli si dovrebbe definire “distanziamento micro-biologico” cioè quello che diminuisce lo scambio di agenti patogeni che dovrebbe essere modulato a seconda delle situazioni), ci ricorda di continuo, che la pandemia non è passata. E che molto probabilmente tornerà anche da noi con una o più ondate.

Di fronte a questo spettro il cittadino medio si affida alla fede nella tecnica che da molto tempo è diventata il sostituto psicologico della divina provvidenza: troveranno la cura, troveranno il vaccino. Lo stanno già cercando attivamente perché per chi azzeccherà la ricetta saranno soldi a palate. Nel frattempo si diffondono complottismi di vario genere e natura. La neo-religione tecno-scientifica fa sì che non ci si raccomandi più l’anima a Dio, ma si oscilli fra la fede nella scienza risolutrice o la paura della nuova peste, magari generata da qualche incidente in un laboratorio militare segreto o diffusa ad arte per ridurre la popolazione mondiale rapidamente e così risolvere il problema ecologico in modo definitivo. I super-ricchi, ovviamente, sopravviverebbero nei loro bunker super tecnologici dotati di ogni supporto medico, energetico, in grado di resistere barricati per gli anni necessari alla pulizia del pianeta.

In tutto questo disordine ideologico, fa una certa impressione leggere un libro il cui unico scopo è indurre ad un ragionamento razionale sulla crisi ecologica globale ed il suo stretto legame con il modo in cui l’umanità genera l’energia di cui ha bisogno. Questo libro è l’ultimo scritto da Vincenzo Balzani per le edizioni Lu:Ce e intitolato: “Salvare il pianeta per salvare noi stessi”, sottotitolo: “Energie rinnovabili, economia circolare, sobrietà”. Un libro agile che dopo l’introduzione affronta rapidamente, ma esaustivamente, il tema del cambiamento climatico, per poi passare ad illustrare gli obbiettivi necessari della transizione energetica che ci deve portare fuori dall’era delle fonti fossili di energia e dalla società dei consumi sempre crescenti.

Il panorama energetico, descritto con dati aggiornati, vede ancora oggi la prevalenza delle fonti fossili sul resto delle fonti energetiche, nonostante la crescita esponenziale delle fonti rinnovabili negli ultimi 15 anni e le crescenti difficoltà delle fossili di tenere il passo con una domanda di energia sempre crescente, a causa, soprattutto dello sviluppo di alcuni paesi del mondo un tempo sottosviluppato.

L’unica alternativa alle fossili sono solo le fonti rinnovabili, le cui caratteristiche essenziali vengono riassunte nel capitolo 6 del libro di Balzani. Come si sa il principale problema delle rinnovabili è che producono energia elettrica e sono intermittenti. La questione della loro bassa densità territoriale ha sempre portato a polemiche infinite, ma oggettivamente anche la quantità di radiazione solare che cade su una frazione minima del nostro territorio nazionale, lo 0,5%, sarebbe sufficiente al solo fotovoltaico per produrre l’energia corrispondente all’intero fabbisogno nazionale. Tenuto conto che il livello di urbanizzazione ha superato il 7% del territorio nazionale si capisce che il problema non è l’estensione necessaria per gli impianti. I problemi riguardano l’intermittenza, e quindi lo stoccaggio dell’energia, un processo di elettrificazione spinto (che crea alcune perplessità) e una forte decentralizzazione delle infrastrutture energetiche. Ognuno di questi aspetti ha i suoi vantaggi, ambientali, ma anche economici e sociali e le sue difficoltà. Come tutti i paradigmi, il paradigma fossile resiste e le compagnie petrolifere cercano di proporre il gas naturale come fonte che faccia da ponte fra l’era fossile e quella elettrica.

Nel capitolo 7 l’autore per brevità discute un numero limitato di scenari proposti dall’IEA (International Energy Agency) dall’Irena (International Renewable Energy Agency) e quello previsto dal governo Svizzero per concludere che, mentre sul contenimento delle emissioni si sta facendo, di fatto, meno di nulla (solo la pandemia di SARS-CoV-2 farà sì che, quasi certamente, nel 2020 si osserverà una riduzione delle emissioni), che la transizione è possibile, ma non spontanea, che le lobby fossili resistono, che il nucleare non è un’opzione praticabile e che solo la combinazione di rinnovabili ed efficienza sarà la risposta praticabile.

Nel capitolo 8 si affrontano i principali aspetti della transizione. Quello tecnico in cui riveste un ruolo centrale la scienza sia in positivo, con la creazione e la fertilizzazione di una coscienza ambientale più diffusa, con lo sviluppo delle energie rinnovabili e dei sistemi di accumulo dell’energia, ma anche in negativo come nel caso dello sviluppo di tecniche avanzate di sfruttamento dei giacimenti di shale oil e shale gas che hanno prolungato la vita delle fonti di origine petrolifera. Il capitolo contiene una critica molto ben centrata ai biocombustibili, critica che personalmente condivido in pieno e il richiamo all’efficienza (stessi servizi con meno consumi), ma anche alla sufficienza, che implica la comprensione dell’effetto Jevons. L’efficienza da sola, infatti non garantisce una riduzione dei consumi, anzi, con il famoso effetto rimbalzo spesso porta ad un loro aumento. Qui Balzani propone il paradosso con un esempio:

«Per chiarire la critica al concetto di efficienza, consideriamo un esempio fra i molti che si potrebbero fare. L’UE ha calcolato che le etichette energetiche per gli asciugabiancheria saranno in grado di «farci risparmiare fino a 3,3 TWh di elettricità entro il 2020» rispetto a quella che avremmo consumato senza le etichette.»

Ma il problema è che:

«Più aumenterà l’efficienza degli asciugabiancheria, maggiore sarà il numero di persone che li userà e, soprattutto, sarà sempre meno facile sarà tornare allo stendino. Ecco allora uno dei tanti casi in cui l’aumento di efficienza è addirittura controproducente.»

I paragrafi del capitolo 8 che seguono affrontano i temi etici, economici e politici con richiami inevitabili alle parole di Papa Francesco nell’enciclica Laudato sì, ai fondamenti dell’economia circolare da sostituire a quella lineare, della finanza etica e alle politiche che è necessario mettere in campo per affrontare la transizione.

Il libro si conclude con un cameo. Un articolo visionario sul tema energetico scritto dal grande chimico italiano Giacomo Ciamician, pubblicato su Science nel 1912 con il titolo “La fotochimica del futuro”.

Come scrivevo all’inizio il libro di Balzani è un tentativo di aggiornare e reimpostare su un piano razionale e scientifico il grande discorso della transizione. L’autore prova da anni, l’ha fatto ad esempio con un libro sull’energia, scritto con Nicola Armaroli, a svolgere un ruolo che non molti scienziati di spicco come lui, nel nostro paese, si scomodano a svolgere. Il libro è uno strumento utile e agile per chi vuole entrare nel tema complesso della transizione energetica e non ha molto tempo. È anche un libro incoraggiante senza essere inverosimilmente ottimista, in linea con la linea della collana “Apocalottimismo” delle edizioni Lu:Ce. Nello scrivere una recensione non si può però non fare una critica (costruttiva) e notare dei difetti e delle omissioni, il sottoscritto non mancherà di farlo.

La prima è quella abbastanza comune in questo tipo di interventi sulla transizione energetica, di mettere in risalto quasi esclusivamente il tema climatico. Questa insistenza monotematica sul clima porta ad una certa saturazione del pubblico. Personalmente, pur riconoscendo la centralità del cambiamento climatico, preferisco inserire il tema nello schema dei numerosi confini planetari che l’attività umana sta violando. Fra i quali molti altri cicli biogeochimici, la riduzione drammatica di diversità della biosfera, l’uso di acqua dolce, l’erosione dei suoli e così via. Per questa via si arriva comunque a riconoscere la centralità del riscaldamento globale, ma attraverso un ragionamento più completo come viene fatto dallo Stockholm Resilience Center.

Un altro limite, secondo me, è quello di perdere troppo tempo sullo scenario IEA (Agenzia Internazione per l’Energia). L’IEA agenzia intergovernativa dei paesi OCSE è, per definizione, un organismo controllato dai governi e, fra questi, dai governi più influenti. Reticente fino all’eccesso su alcuni temi, sono anni che non coglie le principali dinamiche del panorama energetico. In poche parole non ne azzecca una, ma continua ad essere considerata una fonte autorevole.

Terzo limite, che interesserà particolarmente i lettori di questo blog, è l’esclusione del tema del picco del petrolio e delle sue conseguenze. In questo momento storico possiamo dire che siamo in presenza di due fenomeni concomitanti e correlati, la crisi ambientale in gran parte determinata (ma come detto non solo) dalle emissioni di CO2 e altri gas serra e il processo di esaurimento delle risorse non rinnovabili, in primis quelle petrolifere. Nel 2008 la produzione di petrolio convenzionale, quello che ha alimentato il sistema industriale per un secolo e oltre, ha superato un massimo di produzione dopo il quale è entrata, secondo alcuni nell’atteso transiente di plateau oscillante, secondo altri nella fase di declino. Il fatto è comunque che il vecchio greggio non copre più la domanda che viene soddisfatta dalle nuove fonti rappresentate dal cosiddetto shale oil o tight oil prodotto con la combinazione delle tecnologie di trivellazione direzionale e fratturazione idraulica. Questo fatto non è neutro da nessun punto di vista, né ambientale, né economico, né geopolitico come osservato nel lungo confronto fra paesi produttori, federazione Russa e OPEC e USA- Canada che sono i maggiori produttori di olio non convenzionale. In tutto il libro la parola “picco” ricorre solo in relazione al picco delle emissioni climalteranti e, una sola volta, in relazione al picco delle risorse minerali.

Un secondo difetto, diciamo, legato alla nostra ossessione statutaria, il petrolio, consiste nel citare le riserve petrolifere riportando i numeri delle riserve certe (proved) e non la somma di certe e probabili (Riserve 2P). Questo aspetto è stato recentemente messo in luce da Roger Bentley in una serie di pubblicazioni e nel libro “Introduction to Peak Oil”. Le riserve certe sono praticamente inutilizzabili per qualsiasi fine di previsione.

Detto questo il libro di Balzani è utile e volutamente breve, ragion per cui i difetti che vi ho trovato sono comunque inevitabili data la brevità dell’opera: 110 pagine più un’altra decina di pagine prese dalla ristampa dell’articolo di Giacomo Ciamician. Insomma, leggetelo questo libro in questa strana estate, vi riporterà ai temi che contano e sui quali è più che mai necessario discutere e chiarire le idee. I prossimi anni saranno sempre più occupati da questioni fondamentali e, forse, ci faranno dimenticare la vacuità degli anni che abbiamo vissuto interessandoci di moda, calcio e pettegolezzi politici.

2 risposte a “Un libro agile da leggere in questa strana estate

  1. “L’unica alternativa alle fossili sono solo le fonti rinnovabili”. E il risparmio energetico? Perché ci viene presentata sempre la stessa falsa scelta tra due sole alternative?
    Le rinnovabili sono ambientalmente devastanti, in modo diverso rispetto ai fossili, ma altrettanto o quasi. Tra materie prime di ogni sorta, estrazione e lavorazione, trasporto, costo di smaltimento, nuove infrastrutture, consumo di suolo, impatto sulla biodiversità e sul paesaggio, utilizzo di plastiche varie, la prospettiva di produrre le quantità attuali di energia con le rinnovabili è terrificante. Un po’ di ricorso alle rinnovabili sarà necessario, ma non ai livelli energetici attuali, se non vogliamo finire di distruggere questo povero pianeta.
    La buona notizia è che per vivere bene davvero non abbiamo bisogno di comprare tutta questa roba e farla arrivare da così lontano, fare tutti questi spostamenti in automobile, viaggiare così tanto e così lontano, eccetera.

    • l’unica situazione contingente che è riuscita a far risparmiare un pò di energia negli ultimi 300 anni è stata il covid. Questo la dice lunga sulla sanità mentale umana.

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