Non diamo l’acqua per scontata

Una risorsa sempre meno disponibile.

E una buona notizia.

di Mauro Icardi

Per parlare di acqua, ancora prima di elencare dati o di prospettare scenari, vorrei iniziare con un ricordo personale. Il ricordo di nonna Teresina, che fino alla fine degli anni 70 doveva approvvigionarsi di acqua dal pozzo, calando il secchio con una corda e una carrucola. Poi mio padre con l’aiuto di un fratello, recuperò  materiale  (tubi e pompa idraulica) che provenivano dalla  ristrutturazione di una villetta. Materiale praticamente nuovo, ma che sarebbe stato destinato a finire in discarica.  Terminata l’installazione quando nonna aprì il rubinetto e vide scorrere l’acqua rimase senza parole.  Poi in dialetto augurò che “ Il signore desse tutto il bene” a mio padre e mio zio.  Tutto questo è avvenuto nel basso Monferrato, non in qualche remoto paese africano o asiatico.

L’acqua per la nonna era preziosa. La rispettava e non la sprecava. Raccoglieva quella piovana, ed era molto attenta nell’irrigazione del suo orto. Era resiliente in maniera naturale.

I cittadini californiani lo sono dovuti diventare qualche anno fa. Le ridotte precipitazioni e il ridotto innevamento non riescono più ad alimentare il bacino del fiume Colorado che è la fonte principale di approvvigionamento idrico. Il governatore della California Jerry Brown  nel 2015 fu costretto ad emanare un’ordinanza per il razionamento dell’uso dell’acqua, il cui consumo doveva essere ridotto del 25%. Erano  previste multe salate e controlli capillari per far si che l’ordinanza venisse rispettata.  In quel periodo si  registrarono episodi che sembrano appartenere al copione di un film di fantascienza post apocalittica. Furti d’acqua da cisterne dei vigili del fuoco, deviazioni non autorizzate di cascate, furti di acqua dagli idranti.  I primi dolorosi ed inaspettati segnali del riscaldamento globale. E di un futuro probabilmente diverso dal nostro attuale presente.

In questi anni il cambiamento climatico, logiche di sfruttamento intensivo delle risorse idriche e scarsa attenzione all’ecosistema stanno determinando condizioni di vera e propria crisi globale dell’acqua.

Ma come sempre, ancora oggi molte persone hanno una percezione inesatta dell’acqua. Ed uno dei fenomeni più diffusi è la diffidenza, quando non il rifiuto di bere acqua del rubinetto. Le insistenti, e per me irritanti, pubblicità a tappeto delle acque in bottiglia possono avere contribuito a questo fenomeno.

Per quelli che sono più coraggiosi ed hanno optato per l’acqua del rubinetto,  la buona notizia è che nel futuro, prima come adesione volontaria, e successivamente come obbligo normativo, le aziende che distribuiscono acqua potabile si doteranno di un Water Safety Plan. Questa decisione deriva dalla revisione della direttiva  98/83/CE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano (recepite dal Dlgs 31 del 2001 in Italia).

La fornitura di acqua qualitativamente idonea all’uso umano è attualmente garantita in Italia da una serie di misure normative particolarmente rigorose, da prassi consolidate nei sistemi di gestione idrica in grado di assicurare la produzione di acque sicure, e da un livello di sorveglianza particolarmente esteso e capillare.

Nel futuro l’adozione di un piano di sicurezza impegnerà i gestori in un lavoro di carattere multidisciplinare. Si tratterà di predisporre un piano dettagliato di analisi dei rischi e delle possibili contaminazioni sull’intera rete idrica, e nei vari punti di diramazione e di snodo.

 

In Italia circa l’85% delle acque destinate al consumo umano viene prelevata dalle falde. Questo garantisce una miglior qualità ed una maggiore gradevolezza (particolare non indifferente quando poi si tratta di ottenere il gradimento dell’utenza). Ma le falde sono più vulnerabili a situazioni di eventuali contaminazioni o inquinamenti. E quindi necessitano di attenti interventi di protezione e monitoraggio.

Le risorse disponibili di acqua dolce sono sottoposte a una pressione crescente, ulteriormente aggravata dagli effetti dei cambiamenti climatici. Dagli anni ’80 il tasso dei prelievi di acqua dolce è cresciuto ogni anno dell’1%. Da oggi al 2050 si prevede che la popolazione mondiale crescerà ancora, passando da 7,8 a 9 miliardi di persone, mentre la domanda di beni alimentari crescerà nello stesso periodo del 56%. L’impoverimento di molte aree di approvvigionamento idrico  ha un impatto sempre più rilevante sulla quantità e sulla qualità delle acque.

Ma contestualmente secondo quanto riportato dal quinto rapporto dell’IPCC  (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) circa il 7% della popolazione mondiale vedrà ridursi la disponibilità di risorsa idrica del 20% per ogni grado  di innalzamento della temperatura globale.

Altri numeri sono indicativi: 750 milioni di persone nel mondo secondo l’Unicef non hanno accesso all’acqua potabile. Noi ci permettiamo di usarla anche per i servizi igienici.  E restando all’Italia il report dell’Istat relativo al periodo 2015-2018 rileva che  siamo i primi nell’Unione Europea per prelievi di acqua ad uso potabile (428 litri per abitante/giorno). Contestualmente ancora il 47,9% di quest’acqua si disperde nelle reti.

 

Il problema della gestione dell’acqua, come tutti gli altri problemi ambientali, non è un problema nuovo. L’immagine della campagna Pubblicità Progresso risale al 1977. Non credo ci siano commenti da fare.

In questo grafico viene suggerito come l’acqua piovana possa sostituire quella potabile per utilizzi diversi. Ma non solo l’acqua potabile, anche l’acqua depurata potrebbe avere utilizzi diversi, primo fra tutti quello irriguo.

 

 

La modifica del ciclo dell’acqua che si caratterizza con fenomeni ricorrenti di siccità, modifica del regime delle piogge, scarso innevamento invernale, fusione anticipata dei ghiacciai e al contempo riduzione del volume degli stessi, si ripercuote in maniera evidente su tutto il comparto di gestione del ciclo idrico integrato.

Nel 2012 l’organizzazione mondiale della sanità si è preoccupata di emanare linee guida per la fornitura idrica ed il trattamento di potabilizzazione durante il verificarsi di eventi meteorologici estremi (WHO Guidance in water supply and sanitation in extreme weather events).

Eventi di questo genere mettono sotto pressione le strutture di distribuzione e di depurazione.  Ad eventi violenti e concentrati di precipitazioni piovose, fanno spesso seguito periodi piuttosto lunghi di assenza di precipitazioni. Quindi è fondamentale predisporre usi razionali dell’acqua. E questo non deve essere impegno solo delle aziende fornitrici, ma dovrebbe esserlo di ogni singolo utente.

Oltre all’acqua potabile va detto qualcosa relativamente al settore che chiude il ciclo idrico, cioè quello della depurazione. Qui il problema della repentina variazione dei flussi idraulici dovute alla precipitazioni piovose frequenti e concentrate è importante. Per due principali ragioni. La prima è relativa alla gestione di impianti dove le acque piovane confluiscono insieme a quelle reflue. Repentine variazioni della portata in ingresso possono provocare malfunzionamenti, intasamenti di pompe e sezioni di sollevamento.

Il secondo problema che si crea durante i periodi di siccità, è opposto ma non meno problematico.  Negli ultimi anni si sono verificati fenomeni di asciutta non solo di corsi d’acqua secondari, ma anche di fiumi come il Lambro. E si teme per altri fiumi lombardi, tra i  quali il Mincio.  Nell’immagine di copertina è fotografato il Lambro nel centro di Monza nell’agosto del 2015, ma la situazione si è ripetuta ugualmente questa estate.

Identica situazione con il Ticino ed i canali Villoresi e Naviglio Grande. Ormai da anni esiste una silenziosa guerra dell’acqua tra Lombardia e Svizzera. Vengono istituiti a intervalli regolari i tavoli tecnici. Va ridiscussa la gestione delle acque. Mentre scrivo si sono verificati i fenomeni di pioggia, violenta  con i soliti allagamenti e le ormai endemiche frane. Previsti e prevedibili. Ma soltanto la settimana scorsa erano state ridotte le portata del Canale Villoresi e del Naviglio Grande, dimezzandole. Altrimenti non si sarebbe terminata la stagione irrigua. Oltre a questo problema, rimane di fatto irrisolto quello delle asciutte. Un fiume che è alimentato solo dagli scarichi fognari, sia pur depurati correttamente, diventa un fiume dove è pesantemente a rischio la biodiversità e la sopravvivenza della fauna. Ne abbiamo già parlato

Forse ci siamo abituati a considerare l’acqua inesauribile, o per meglio dire sempre disponibile. Basta aprire un rubinetto. Non ci si interroga mai troppo su cosa ci sia dietro. Quali siano le correlazioni con il ciclo idrico che sono modificate anche a causa dei nostri comportamenti.

(L’alveo del Torrente Lura ricoperto di pesci morti durante un’asciutta)

 

Sui giornali viene riportata sempre più frequentemente una frase pronunciata da chi assiste o ad una siccità prolungata, oppure che ha subito eventi alluvionali.  La frase è “Mai visto niente di simile”. E’ una frase fatta. Stiamo vedendo sempre di più eventi di questo tipo.

Non li recepiamo probabilmente per una questione antropologica. Non ci siamo ancora adattati ad avere visioni di prospettiva. E’ un limite difficile forse da superare. Io non ho competenze in questo campo, e quindi posso solo continuare a fare meglio che posso il mio lavoro. Chimico che lavora nel ciclo idrico. Che però queste modifiche del ciclo dell’acqua non può non notarle. Perché di fatto hanno modificato anche il modo di lavorare negli anni.

Non diamo per scontata l’acqua. Preserviamola, impariamo a conoscerla. Rispettiamola e impariamo a capire il legame tra i nostri comportamenti, e quello che si sta verificando.  Le variazioni di clima sono legate alle attività umane. E quelle del ciclo idrico non ne sono che la logica conseguenza.

Ultima annotazione, in tempi di Covid-19: due gruppi di lavoro, cioè quello dell’Istituto Mario Negri, e quello dell’Istituto Superiore di Sanità, stanno monitorando la diffusione dell’epidemia tramite la ricerca dell’RNA del virus nelle acque reflue.  La buona notizia è che il virus arriva già attenuato all’ingresso degli impianti di depurazione, e che la competitività con gli altri microrganismi presenti nelle vasche di ossidazione biologica, e il trattamento finale nelle vasche di disinfezione riescono ad inertizzarlo.

Per poter adempiere alla giusta regola del lavare spesso le mani per limitare la diffusione del virus, dobbiamo avere acqua a disposizione. Altra ragione per non dare per scontata l’acqua, o meglio non riuscire ad immaginare quanto lavoro ci sia dietro il gesto di aprire un rubinetto che ci fa arrivare l’acqua in casa.

16 risposte a “Non diamo l’acqua per scontata

  1. Qui in montagna dove vivo, c’è uno spreco di acqua spaventoso. Idropulitrici, irrigazione a pioggia a oltranza, auto, strade lavate con acqua potabile durante la siccità… le persone insistono che l’acqua “c’è”. Non hanno neanche i contatori in casa. La cosa forse più triste è che nessuno considera che l’acqua è sottratta all’ambiente, dove sosterebbe tutto un ecosistema, pesci, uccelli, piante, animali selvatici che vanno ad abbeverarsi… tutto questo, semplicemente, per loro non esiste. Il mondo è il loro rubinetto.
    Spero un giorno di potermi dotare di una compost toilet. Risparmierei acqua e recupererei nutrienti, e leggo che, se ben fatta, neanche puzza.

    • Personalmente farei volentieri a meno dell’acqua in bottiglia, con quello che costa, ma quella del rubinetto qui ha un sapore pessimo (ma l’acqua non dovrebbe essere insapore?); poi sarà sana e quello che volete – ma anche questo meriterebbe accertamenti.
      Per il resto sto attentissimo ai consumi, uso lo sciacquone il meno possibile, ecc. E sono molto grato quando la mattina mi alzo e vedo ancora acqua fuoriuscire dal rubinetto (come pure se premo un interruttore e la luce si accende, altra cosa che diamo per scontata).

    • Quello a cui forse non hai pensato è che l’acqua non utilizzata va comunque a valle, poi nei fiumi e poi al mare.
      La sola differenza è se sia pulita o sporca.
      Se annaffi un giardino, quella che scola non è diversa da quella piovana. Se ci lavi i piatti, quella che scola va depurata, oppure inquina, ma il problema non è il suo impiego, bensì il suo percorso successivo.

      • Certo che ci ho pensato, ed è proprio nei ragionamenti come il tuo che sta il problema. Se pensi che “la sola differenza è se sia pulita o sporca” non capisci né il vero ciclo dell’acqua, nè la questione fondamentale, e cioè che l’acqua è la base della vita non solo per noi ma anche per tutti gli esseri viventi; che non deve andare “a valle” più in fretta possibile ma rallentare e fermarsi dove serve a noi e poi ai pesci, uccelli, anfibi, crostacei, alghe, piante, a rinfrescare il clima dove passa… dev’essere trattenuta dal suolo per finire nelle falde, nel terreno per servire da riserva in periodi di siccità…
        Che vada a valle e poi nel mare è quello che insegnavano ai bambini tempo fa, ma è una lezione sbagliata: l’acqua deve stare nei fiumi, nei laghi, nelle piante, nelle falde… dev’essere trattenuta. E così si regola il clima a livello locale, si riduce anche il rischio di estinzioni di specie, siccità e alluvioni.

    • Gentile Gaia: io sono assolutamente d’accordo con lei, per quanto attiene alla mia risposta al suo commento.
      Tuttavia il mio commento resta valido, ma serve qualche chiarimento.
      L’acqua che cade in montagna scivola a valle, TUTTA QUANTA, inesorabilmente, pulita o sporca, e finisce in evaporazione o al mare.
      Detto questo, però, conta anche il suo percorso.
      Sulle Alpi da alcuni anni stanno incanalando acqua in quota per convogliarla a prati bassi (scopo irriguo) o per produrre energia idroelettrica (dai con le “rinnovabili” …).
      Questo implica riduzione della dispersione idrica lungo il percorso, con sua conseguente desertificazione, soprattutto in epoche in cui la piovosità in certe aree è latitante.

      Ecco perché ho sempre cercato di ridicolizzare quanti lamentano le perdite idriche degli acquedotti italiani; infatti, se è vero che arriva meno acqua alle utenze destinate, l’acqua dispersa alimenta comunque le falde sotterranee, che sono riserve d’acqua, o, comunque, il territorio di passaggio delle condotte.
      Quindi si, siamo d’accordo, ma occorre usare le parole appropriate: lo SPRECO d’acqua si verifica quando non devi gestire acqua corrente ma un bacino di raccolta.
      Se sopravvivi grazie all’acqua di una cisterna, la devi usare con parsimonia, o resterai a secco.
      Ma se si tratta dell’acqua di un torrente, se non la usi tu, né quelli dopo di te, in larga misura finirà al mare.
      Se la usi, la sporchi, la depuri, e la ributti nel torrente, sotto il profilo ecologico non è cambiato nulla.
      Spero di essermi spiegato.

      • Sì, si è spiegato, ma quanto dice continua ad essere sbagliato. L’acqua nelle falde può restare anni, persino millenni in certi casi, per cui non è vero che finisce tutta quanta in mare.
        Il discorso dei prati irrigati è molto diverso da quello delle centraline. Sono entrambi problemi.
        “Se la usi, la sporchi, la depuri, e la ributti nel torrente, sotto il profilo ecologico non è cambiato nulla.”
        No, non è vero che non è cambiato nulla, perché l’acqua è sparita dal torrente per chilometri, per cui per tutto il tragitto interessato quell’ecosistema avrà meno acqua, piante e animali soffriranno, il clima sarà più secco, e in più la temperatura e la qualità dell’acqua saranno diverse, dato che l’acqua non è solo H2O ma anche tutti i minerali che ci sono dentro; anche la temperatura conta.
        Si vada a vedere le zone da cui viene prelevata l’acqua, se non mi crede, e constaterà che “sotto il profilo ecologico” è cambiato tutto, eccome.

      • Pensavo di avere chiarito: ho detto che il percorso dell’acqua conta. Se non c’è dispersione, e viene tutta intubata per km, il tratto del percorso non viene irrorato.
        Altra cosa è il prelievo d’acqua dai corsi d’acqua e la sua re- immissione. Qui non viene bloccato il corso d’acqua.
        E’ il modo NORMALE di utilizzare l’acqua, di cui abbiamo bisogno per vivere, possibilmente non come beduini nel deserto.
        L’acqua che va in falde profonde è una benedizione: infatti la puoi pompare in superficie per il suo utilizzo. I pozzi attingono dalle falde. Non ne abbiamo abbastanza: parlano di costruire bacini artificiali quando, invece, dovremmo riempire le falde, scoprendo anche quelle che non conosciamo.

      • Il corso d’acqua non viene bloccato, ma significativamente prosciugato sì. Basta vederne i letti. Qundi non è irrilevante come lei diceva.
        “Normale” non significa molto. È chiaro che un po’ di acqua è indispensabile, ma ne prelieviamo troppa, anche per usi assurdi o inutili. Dovremmo semmai cercare di recuperare l’acqua piovana e di depurarla e riciclarla in loco. Ma il risparmio viene prima di tutto.

      • Lei sta generalizzando alcune situazioni. Non ho mai trovato corsi d’acqua semi-prosciugati a causa dei consumi normali delle persone o delle attività agricole.
        L’impiego dell’acqua è comunque un problema, perché attraversiamo periodi di siccità spinta, alternati a periodi di piogge eccessive e mal distribuite.
        Mai come quest’anno io ho visto i corsi d’acqua valdostani asciutti, ma non per i prelievi umani, bensì per assenza di precipitazioni, e l’acqua non sta ad aspettare: se ne va al mare e non torna indietro. E quando trovo laghetti alpini sotto livello, o addirittura prosciugati, ancora una volta non c’entrano i consumi umani, che li sono assenti.
        Detto questo non proseguo oltre, perché vedo che lei conduce una battaglia ideologica precostituita, che sfrutta situazioni anche reali per agitare una bandierina di protesta.

      • Io invece di corsi d’acqua semi-prosciugati per consumi d’acqua (sia residenziali, che agricoli, industriali ed energetici) ne ho visti un sacco. Non capisco cosa ci sia di ideologico nel constatare la realtà.

  2. Rispondo a Paolo con questo articolo uscito sul blog “La chimica e la società”, relativamente alla questione degli accertamenti. https://ilblogdellasci.wordpress.com/2017/05/31/due-parole-su-chi-controlla-le-acque-potabili/

  3. Purtroppo la potabilizzazione dell’acqua è in mano a aziende che devono fare profitto, i fatti del Veneto con la contaminazione da Pfas lo dimostra e se vedeste dove prelevano l’acqua da potabilizzare nella mia città vi si rizzerebbero i capelli, tanto poi aggiungono cloro…
    Ormai il genere umano deve decidersi a fare un passo indietro altrimenti arriveremo presto alle guerre civili per i generi di prima necessità.

    • Il problema a monte è che ci sono (tante) grandi industrie che inquinano aria, acqua e terra e raramente vengono chiamate a rimediare ai danni che hanno fatto. Come al solito, guadagni privati, danni pubblici.

  4. L’ha ripubblicato su Redvince's Weblog.

  5. Lassù vi hanno sentito. In Emilia Romagna trovate tutta l’acqua che volete.

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