La storia di Aspo Italia

ASPO Italia, sezione italiana di ASPO (Association for the Study of Peak Oil), nacque fra la fine del 2003 e la primavera del 2004. L’atto costitutivo è del marzo 2004, ma la decisione di creare un’associazione di tecnici, scienziati e cittadini interessati al tema dell’esaurimento delle risorse fossili di energia e in particolare del petrolio, e alla de carbonizzazione dell’economia, fu presa un anno prima. Nel settembre 2003, al termine di un seminario di Colin Campbell sul picco del petrolio, un ristretto gruppo di colleghi si incontrò nello studio di Ugo Bardi al Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze e concepì la sezione italiana di ASPO. La prima mailing list dell’associazione, Petrolio, fu creata nel marzo del 2004.

L’associazione si è presto evoluta dal mero studio degli effetti del picco del petrolio al più ambizioso obiettivo di creare modelli qualitativi e quantitativi del metabolismo sociale ed economico; di indirizzare, nei limiti del possibile, le politiche energetiche e legate all’uso delle risorse.

Scopo finale è fornire strumenti di comprensione e azione ai cittadini interessati alla grande transizione del nostro tempo, quella che può condurci alla sostenibilità ecologica o ad un collasso di proporzioni globali.

ASPO-Italia ha, sempre evitato di inclinare verso atteggiamenti di profetismo catastrofista collocandosi idealmente nell’alveo della corrente di pensiero del Club di Roma, condividendone largamente metodi e punto di vista. ASPO allarga l’orizzonte dei propri interessi dall’ingegneria dei nuovi sistemi di produzione e stoccaggio dell’energia  al tema della produzione di cibo (post di Toufic), del ciclo dei rifiuti, del consumo e della sostituzione delle risorse minerali (link a UB la terra svuotata), alle politiche demografiche (Pardi) e alla questione del cambiamento climatico (Mercalli).

L’evoluzione della civiltà industriale globale nei decenni trascorsi dalla pubblicazione dei Limiti dello Sviluppo (Limits to Growth, LTG) ha largamente confermato le analisi del gruppo di Dinamica dei Sistemi del Massachussett Institute of Technology, che mostravano la sua robusta tendenza al collasso.

Dopo quattro decenni il lavoro pionieristico, LTG è tornato lentamente alla luce uscendo dall’oblio cui l’aveva condannato la damnatio memoriae dei cantori dell’economia politica neoclassica. Economia che, prigioniera di modelli quasi mai confermati dall’osservazione empirica (congettura di Gilles), è funzionale ad una gestione del globalismo economico improntata all’arbitrio, spacciato per libertà, invece che al diritto.

A questa riscoperta di LTG ha contribuito in modo preminente tutto il “movimento” culturale di tecnici e scienziati che si sono mossi intorno ad ASPO e, in generale, di coloro che si sono applicati al tema dell’esaurimento delle risorse non-rinnovabili.

Nel 2000 Matthew Simson, banchiere di investimento nel campo delle commodities energetiche, pubblicava on line un white paper intitolato Revisiting Limits to Growth, Could the Club of Rome Have Been Correct After All?, che ebbe un ruolo fondamentale, pur nella limitatezza della diffusione, nel riaprire gli occhi a chi era stanco di tenerli chiusi, sul tema della finitezza delle risorse petrolifere e su quello dei limiti fisici del pianeta già evidenziato dal Club di Roma.

Simson, morto nel 2008, fu successivamente autore di un libro famoso nel campo degli esperti di petrolio intitolato Twilight in the desert (Crepuscolo nel deserto) che metteva in guardia sulla reale consistenza delle riserve dichiarate dall’Arabia Saudita, principale produttore mondiale di petrolio e attore determinante nel calmierarne il prezzo secondo le esigenze del sistema industriale occidentale.

Il titolo del white paper di Simmons ritorna nel 2011 con il libro di Ugo Bardi che con mirabile sintesi (un centinaio di pagine) sistematizza il tema del raggiungimento dei limiti della crescita economica e quello dell’esaurimento delle risorse minerarie, fornendo anche un’ampia carrellata sui metodi della dinamica dei sistemi e infine ricostruendo la fortuna di LTG attraverso un excursus storico sulle critiche e le reazioni che suscitò in campo scientifico e politico.

Abbiamo appreso in questi giorni la notizia che Ugo Bardi ha ricevuto ed accettato l’invito ad assumere il ruolo di fellow del centro internazionale del Club di Roma di Winthertur. Questi riconoscimento dell’esponente più autorevole di ASPO-Italia è la prova migliore che il tentativo di rivitalizzare e soprattutto attualizzare l’esperimento pionieristico di LTG sta avendo successo.

ASPO-Italia si propone di procedere sulla strada di una nuova consapevolezza ambientale, fornendo un’interpretazione rigorosa dei dati disponibili e rifuggendo la tendenza al nichilismo catastrofista e all’estremismo complottista.

Assistiamo oggi alla rapida evoluzione di una crisi le cui cause prossime sono sviscerate con acribia sui mezzi di comunicazione, ma le cui radici vanno ricercate nella crisi ecologica dovuta all’esplosione demografica e dei consumi. Una crescita supportata dal flusso di energia facile e a buon mercato garantita negli ultimi 50 anni dal petrolio, e testimoniata dalle varie emergenze ambientali, economiche e sociali che si stanno manifestando in questi anni.

Luca Pardi, presidente ASPO Italia

3 risposte a “La storia di Aspo Italia

  1. Buongiorno, ho apprezzato i vostri post e vorrei ricevere in formazioni quando vengono pubblicati.
    Complimenti per la chiarezza e le il taglio tecnico degli articoli.
    Cordiali saluti.

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