Inquinamento: tutti i banditi e i mandanti.

pollution bandits

L’identikit preciso dei banditi che attentano alla nostra salute e quello dei loro mandanti.

Molte delle credenze comuni, alla prova dei fatti, si rivelano false.

Di Dario Faccini

Questo articolo è la seconda di tre parti. Trovate qui la prima e la terza.

Ha creato un po’ di scompiglio in rete il nostro recente articolo “Inquinamento: il colpevole nascosto“. Oltre al record del numero di visualizzazioni (50.000+), alcuni dei lettori ne hanno contestato i contenuti basandosi sulla propria esperienza personale. Sembra loro incredibile che le biomasse utilizzate per riscaldare le nostre case, come legna e pellet, possano davvero produrre un tale inquinamento dell’aria, su scala nazionale addirittura superiore al contributo del traffico.

Un interessante appunto mosso è che l’articolo non quantifica il contributo di altri settori, come gli inceneritori o le industrie, né valuta altri inquinanti oltre alle PM2,5 (che comunque sono responsabili di due terzi dei morti per inquinamento dell’aria).

Proviamo allora a dare una risposta. Quali sono gli inquinanti (banditi) che attentano alla nostra salute? Quali settori e attività (mandanti) ci sono dietro?

Le sorprese non mancano. Nei grafici che seguono(cliccarli per ingrandirli) ogni inquinante ha un suo “colore” che ne identifica il mandante.

Legenda fondamentali

Da tenere d’occhio è l’importante contributo delle biomasse (in verde scuro), che non è limitato al solo particolato ed è in crescita.

Due informazioni utili:

  • è possibile scorrere velocemente i grafici senza soffermarsi troppo, ma vale la pena leggere le conclusioni alla fine dell’articolo;
  • fonti e metodologia non cambiano [1]; e prima di avanzare critiche nei commenti, leggere la nota [2].

Attenzione: un inquinante è stato rimosso da questa analisi perché merita una trattazione a parte nel prossimo post.

PM2,5

Ripartiamo dalle pericolosissime PM2,5.

pm25

Come già anticipato il contributo dato dalle biomasse nel settore residenziale (verde scuro) è preponderante, pari al 60%, segue il settore dei trasporti ripartito tra quelli su strada e via mare (11% e 8%), l’industria (8%) e l’agricoltura/pesca (5,6%). Minoritario è il contributo del termoelettrico e dell’incenerimento dei rifiuti.

pm10

PM10

Le PM10 sono una categoria di particolato più ampia, che include le PM2,5 già viste, più una frazione poco più grande che non giunge agli alveoli polmonari (quindi meno pericolosa). Sembra lo stesso grafico delle PM2,5 e in effetti in generale l’88% del PM10 è PM2,5. Nel caso delle biomasse questa percentuale PM2,5/PM10 arriva al 99%, ad indicare che la quasi totalità del particolato emesso è quello più fine e pericoloso.

ossidi di azoto (NOx)

NOx

Gli ossidi di azoto si formano in ogni tipo di combustione per reazione dell’azoto e dell’ossigeno presenti nell’aria. Una volta emessi reagiscono con un’enorme varietà di altri composti chimici (ad es. ammoniaca, vapore, composti organici volatili) producendo inquinanti secondari, come il particolato (particolato secondario, soprattutto nelle fredde giornate invernali), l’ozono (in estate) e l’acido nitrico. Sono la seconda causa di morte per inquinamento dell’aria in Italia.

Qui il contributo delle biomasse quasi sparisce, perché la formazione degli ossidi di azoto è legato maggiormente alla quantità di combustibile e alla temperatura cui avviene la combustione. Invece diventa preponderante quello dei trasporti, a partire da quelli su strada (42,5%) e poi via mare (17,7%), l’industria (12,2%)  e l’agricoltura/pesca (8,6%).

E’ importante sottolineare la forte tendenza al calo nel periodo 1990-2013, con una riduzione al 40%, ottenuta nel termoelettrico, nell’industria e nei trasporti su strada.

Monossido di carbonio (CO)

CO

Il monossido di carbonio è un inquinante responsabile di produrre lo smog fotochimico e l’ozono (quest’ultimo è il terzo inquinante aereo in Italia per numero di morti). Il contributo delle biomasse ritorna ad essere preponderante per il monossido (53%), segue quello del traffico su strada (20,5%), l’industria e gli incendi (7,5% circa ciascuno).

Dal 1990 al 2013 le emissioni di monossido di carbonio si sono ridotte al 37%, grazie all’enorme calo che si è verificato nel trasporto su strada e nonostante un aumento di un fattore 4 delle emissioni dovute alle biomasse nel residenziale.

Ossidi di zolfo (SOx)

SOx

Gli ossidi di zolfo si formano durante le combustioni per reazione delle impurità di zolfo presenti nel carbone e nell’olio con l’ossigeno. Un tempo causa principale delle piogge acide, gli ossidi zolfo rimangono un importante inquinante sia perché sono fortemente irritanti per le vie respiratorie, sia perché partecipano alle reazioni di formazione del particolato secondario.

Dal grafico emerge prepotente il contributo delle attività vulcaniche (80%) rispetto a quelle di origine umana, dove il settore dei trasporti via mare rimane di gran lunga il più inquinante(9%), per via dei combustibili ad alto tenore di zolfo ancora utilizzati.

C’è poi da osservare una doppia tendenza al calo delle emissioni dal 1990 al 2013. A partire dal periodo 2003-2007 si è ridotta fortemente l’attività vulcanica, per cui le emissioni naturali del 2013 rappresentano solo l’11% di quelle del 1990. Contemporaneamente grazie al processo di desolforizzazione dei fumi(termoelettrico e industria) e all’utilizzo di combustibili a minor tenore di zolfo, le emissioni antropiche di zolfo del 2013 sono solo l’8% di quelle del 1990, un successo senza pari.

composti organici volatili non metanici (covnm)

NMVOC

Questa è un’ampia categoria di composti che include ad esempio gli aromatici(es. benzene) e le aldeidi (es. formaldeide) che, oltre a potere avere effetti avversi sulla salute, sono responsabili, insieme agli ossidi di azoto, della produzione estiva di ozono.

L’enorme contributo delle sorgenti naturali (60%) è dovuto al normale metabolismo vegetazione (il profumo avvertibile entrando in una pineta è dovuto al rilascio di COVNM dagli aghi e dalla resina). Il resto delle emissioni sono dovute all’uomo, a partire dall’industria e dall’uso dei solventi (18%), le biomasse (7,8%) e i trasporti su strada (7,4%).

Analogamente a quanto visto per il monossido, anche per i COVNM si è assistito ad un calo nel periodo 1990-2013 con una riduzione al 47%, dovuta al settore industria e uso dei solventi, insieme a quello del trasporto stradale. La riduzione sarebbe stata più marcata se non fosse stato per il contemporaneo incremento delle emissioni (x4) causato dalle biomasse nel residenziale.

ammoniaca (nh3)

NH3L’ammoniaca è un inquinante ambientale che contribuisce alla formazione di piogge acide, al trasporto di inquinanti acidi e alla formazione di particolato secondario di origine inorganica.

La colorazione pressoché totale di giallo del grafico (96%) imputa al solo settore dell’agricoltura la responsabilità delle emissioni di questo inquinante. Ciò è dovuto al fatto che i composti in grado di rilasciare ammoniaca sono fertilizzanti fondamentali nell’agricoltura intensiva. L’ammoniaca stessa è la forma con cui la vegetazione assorbe l’azoto, il secondo elemento in ordine di importanza dopo il carbonio.

Inquinanti organici persistenti

Iniziamo ora a parlare degli Inquinanti Organici Persistenti (POP), una categoria di sostanze altamente velenose o cancerogene anche in minime dosi, che condivide la caratteristica di rimanere negli ecosistemi per lungo tempo (si degradano lentamente), di bioaccumularsi e di entrare nella catena alimentare umana. Parliamo quindi di Diossine, PCB e HCB.

Diossine e Furani (PCDD e PCDF)

PCDD-PCDF

Le diossine sono tra i più potenti veleni conosciuti (la dose mortale si misura in milionesimi di grammo) e sono prodotte sia nelle combustioni (a bassa temperatura e in presenza di materie plastiche), sia in processi industriali.  In forma aerea, si trovano adese al particolato.

I furani sono composti che si formano sempre durante le combustioni ma che sono anche presenti nel legno (ad es. ottenibili commercialmente dalla distillazione del pino). Alcuni derivati dei furani sono assimilabili a diossine, da cui la trattazione unificata.

Il grafico indica due sorgenti emissive parimenti responsabili: l’industria, tramite combustioni e la produzione di acciaio, (46,6%) e le biomasse nel residenziale (43,6%).

Nel periodo 1990-2013 le emissioni si sono ridotte al 60%, soprattutto dagli impianti di incenerimento di rifiuti, ma, come già visto per il monossido di carbonio e i COVNM, nello stesso periodo le emissioni da biomasse nel residenziale si sono moltiplicate (x 3,5).

Policlorobifenili (PCB)

PCB

Alcuni dei composti appartenenti a questa categoria hanno una tossicità simile a quella delle diossine e se bruciati in modo non corretto ne possono addirittura portare alla produzione. In Italia, a Brescia, c’è una delle due maggiori contaminazioni al mondo a causa della presenza, sino al 1984, di un impianto di produzione di PCB.

Le emissioni in atmosfera sono dovute per oltre la metà al settore industriale 51% e poi nell’ordine al termoelettrico(carbone) 32,3%, biomasse nel residenziale 8,2% e commercio/istituzioni 6,5%.

Al solito, l’unico settore in cui si osserva un aumento delle emissioni è quello del riscaldamento nel residenziale dovuto alle biomasse (x 3,5).

Esaclorobenzene (HCB)

HCB

E’ un composto che ha trovato impiego commerciale in passato come funghicida e ora è un prodotto secondario di alcuni processi industriali che coinvolgono composti clorurati.

Le emissioni in atmosfera sono imputabili in massima parte all’incenerimento dei rifiuti (65,5%), all’industria (14,3%), alle biomasse (7,6%, x3 dal 1990) e commercio/istituzioni (7,6%). Le emissioni sono calate al 50% dal 1990.

Metalli pesanti: Piombo, Cadmio e Mercurio

Pb

CdHg

I metalli pesanti sono tossici e condividono una proprietà che li differenzia da tutti gli altri inquinanti che abbiamo già visto: non possono essere “degradati”. Essi possono dare luogo quindi ad effetti di bioaccumolo .

Per tutti e tre i metalli in grafico il principale settore emissivo è l’industria, seguito dal commercio/istituzione e, per il piombo e il cadmio,  dalle biomasse e dal traffico veicolare. Non è chiaro perché debba esserci un contributo così importante dal settore commerciale/residenziale (l’Italia in questo è assolutamente fuori dalla media UE). Dalla pubblicazione ISPRA fattori emissivi medi per le sorgenti di combustione stazionarie si evince solo che c’è una quota di rifiuti (speciali/pericolosi?) che finisce incenerita.

Dal 1990 le emissioni sono calate, al 6% per il Piombo, al 64% per il Cadmio e al 69% per il Mercurio.

conclusioni

Le biomasse nel residenziale sono responsabili non solo della maggior parte del particolato PM2,5 emesso, ma anche del monossido di carbonio e di quasi la metà delle diossine e furani. Vedremo nel prossimo articolo che c’è un’altra classe di inquinanti in cui l’uso biomasse sta dando un contributo fondamentale. Anche per altri inquinanti in cui l’apporto delle biomasse non è quello principale (COVNM, PCB, HCB) si osserva una tendenza all’aumento delle emissioni causate da legna e pellet nel periodo 1990-2013, da 2 a 4 volte.

Al di fuori delle biomasse, il contributo del settore residenziale alle emissioni degli inquinanti è praticamente nullo (tranne un minimo di rilevo statistico solo per gli ossidi di azoto, che sono più correlati alla quantità di energia bruciata). Ciò dimostra che quando si parla dell’inquinamento genericamente attribuito agli impianti di riscaldamento, in realtà ci si sta riferendo principalmente alle biomasse e non al metano, gpl o gasolio.

Il traffico stradale ha un’incidenza importante soltanto nelle emissioni degli ossidi di azoto (seconda causa di morte dopo il PM2,5), che comunque in inverno contribuiscono alla formazione del particolato secondario.

Alcune importanti battaglie contro l’inquinamento sono state vinte: gli ossidi di zolfo, il piombo, il monossido. Per molti altri inquinanti si sono ottenute importanti riduzioni nelle emissioni.

Solo per le PM2,5 la battaglia invece sembra molto più lunga: le emissioni totali nel 2013 sono ancora il 91% di quelle nel 1990 [3] e la crescita delle biomasse sta giocando contro.

Purtroppo le PM2,5  rappresentano l’inquinante che miete più vittime.

Note

[1] Tutti i grafici in questo articolo si basano su una precisa fonte ISPRA. Attraverso un foglio excel, l’ISPRA comunica ogni anno all’EEA i dati di emissione di ogni inquinante ripartiti per settore e sottosettore di attività. La metodologia usata è indicata nell’Italian Emission Inventory 1990-2013, Informative Inventory Report 2015 e fa riferimento all’emission inventory guidebook pubblicato dall’EEA . In pratica per ogni sottosettore sono calcolate le quantità in energia su quattro categorie di combustibili presi come indicatori di attività (liquidi, solidi, gassosi, biomasse). Ognuna di queste attività viene moltiplicata per opportuni fattori di emissione specifici per ogni inquinante, per ogni sottosettore e per ogni anno. Per le biomasse nel residenziale(sottosettore 1A4bi), a pag 89 dell’Italian Emission Inventory è indicata l’evoluzione nel periodo 1990-2013 del fattore di emissione per le PM2,5. Invece, relativamente all’anno 2011, l’ISPRA ha pubblicato i fattori emissivi medi per le sorgenti di combustione stazionarie, da cui si ricavano quelli del metano, gpl, gasolio, carbone usate nell’articolo (supponendo nulla la variazione da un anno all’altro di questi fattori).

[2] Come sempre, in un breve articolo non è possibile sviscerare completamente un argomento (altrimenti non si capisce perché servano interi corsi universitari per trattarli). In particolare si è deciso di trattare solo gli inquinanti per la salute (tranne due) e di mettere in rilievo il contributo dato dalle biomasse nel settore residenziale. Altri aspetti (tecnologia, emissioni climalteranti, aspetti economici) verranno trattati in futuro in altri articoli.

Una critica sensata ai dati proposti è che questi sono stime (ma le uniche complete e ufficiali) e trattano le emissioni dirette in atmosfera. In effetti tutta una serie di altri fattori (altezza cui avvengono le emissioni, formazione di particolato secondario, ripartizione temporale, condizioni meteo) possono influire in modo determinante sull’esposizione all’uomo.

Quindi non è corretto affermare che questo articolo dimostri che ormai l’inquinamento prodotto dal traffico, sia trascurabile. Ha ancora un impatto importante ed è giusto continuare a lavorare per ridurlo.

Anche per gli impianti industriali, di produzione elettrica e di incenerimento il contributo è significativo, soprattutto a livello locale. Quindi nessuno sta dicendo che non inquinano, anzi in base alla distanza, ai venti e alle altre condizioni meteo essi sono importanti sorgenti inquinanti in molte località.

Ma è importante capire che in questa trattazione si è scelto di usare un approccio nazionale, dove il contributo di ogni settore ad ogni inquinante viene ripartiti su tutto il territorio italiano. Quindi emissioni localmente importanti possono comparire con un contributo minimo, mentre altre, che hanno maggiori gli impatti diffusi (come traffico e biomasse appunto), possono emergere con prepotenza.

Infine ricordiamoci che le polveri sottili e molti altri inquinanti (spesso ad esse adesi) hanno una tendenza a permanere sospesi in aria per molto tempo e possono viaggiare trasportati dai venti su lunghe distanze. Quindi ogni tentativo di tracciare il luogo di provenienza di un inquinante campionato in un dato luogo è quasi impossibile. E’ possibile in certi casi caratterizzare la sorgente emissiva (combustibile bruciato, tecnologia utilizzata) e in effetti abbiamo già indicato uno studio di questo tipo.

[3] Dopo la revisione dei consumi storici di biomasse, questa percentuale potrebbe risultare più bassa.

 

53 risposte a “Inquinamento: tutti i banditi e i mandanti.

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  2. Ben fatto – e le due note chiariscono eventuali dubbi.

    Come si dice, “thumb up”

    • Bene. Allora lascio perdere la costruzione del portale dimensionale?

      • Se non intendi sostenere che ci sono “stufe e caminetti residenziali” siti nelle grandi città che fanno un terzo di inquinamento da soli, bruciando in loco bionasse, non serve nemmeno che ti mandi vedute aeree delle suddete, quindi puoi sospendere i lavori – salvo che non ti interessi contribuire a qualche episodio di Star Trek: non metto in dubbio i dati nazionali o regionali e nemneno quelli citradini. Era la fomte come locazione della medesima che non mi tornava. Nel momento in cui le stufe fantasma sono sparite dalla città (per continuare ad inquinare anche quell’aria da frazioni, periferie e province), ho messo via il paletto di frassino.
        😉

      • Ok, ritiro l’accusa di trollismo.

      • Ok, pace.
        Comunque io sono uno di questi qua:

        http://ocasapiens-dweb.blogautore.repubblica.it/2014/11/11/ich-bin-ein-cimpy/

        Di norma ci becchiamo epiteti vari (tra i quali quello di essere dei Troll) solo da negazionisti dei mutamenti climatici, credenti nell’Intelligent Design, sostenitori della Fusione Fredda, creduloni all’HHO,sciachimicari, visitati da alieni, gente per cui lo sbarco sulla luna era uno spettacolo teatrale, believer dell’11/9 come complottone made in USA, aquilonisti d’alta quota con abilità antimissile e sposta tempeste, omeopati, bioquantistici, guaritori di Aids con yogurt, snake oil sellers di ogni tipo (che siano i fioti di Bach o l’Escozul), e truffatori in genere.
        Quando arriva da loro, non ce ne curiamo più di tanto.

        Di base siamo (quasi tuttti) abbastanza irrispettosi e spesso partiamo (magari io, più che gli altri) col piede sbagliato (a mia -e di altri – parziale discolpa: quando hai a che fare per il 99% del tempo con imbroglioni, ti capita di essere brusco a prescindere), per cui ci sta un’incomprensione iniziale.

        Ma i dati (e in generale il lavoro) era buono, questo si vedeva subito. Magari la prossima volta provo prima con più calma…
        😉

  3. Alcune cose che mi vengon da dire, così, en passant. Per alcuni inquinanti Dario, intendo quelli maggiormente attribuibili all’industria, verrebbe da pensare che siano inevitabilmente legati alla produzione, sai quali sono i margini che chimica e ottimizzazione dei processi ci forniscono per una ulteriore loro diminuizione?
    Al problema delle piogge acide non contribuisce certo l’Italia, possiamo quindi dire che, a parte l’acidificazione data dalla CO2, quella questione è risolta o il mondo in via di sviluppo è più indietro?
    La natura in sé inquina (furani, zolfo vulcanico) non è buona, si fa i c…i suoi. Senza attentare al necessario imput positivo al recupero energetico tramite una circolarità degli oggetti e del riciclo+ fermentazione-recupero dell’umido alla fertilità dei suoli, non trovi che il contributo degli inceneritori sia trascurabile?
    Ciao e grazie.

    • 1) Non conosco abbastanza i processi chimici industriali per darti una risposta. Mi sembra che negli ultimi 20 siano stati fatti molti sforzi che uniti probabilmente ad una deindustrializzazione nostro malgrado hanno prodotto buoni risultati.
      2)In Cina la desolforizzazione non è diffusa, quindi il problema delle piogge acide esiste ancora, ma forse per l’Italia (per ora) è un problema alla spalle.
      3)Gli inceneritori scompaiono nei dati aggregati, ma localmente hanno il loro impatto. Tieni presenti che 1m3 dei loro fumi inquina 500m3 di aria pura a livello di legge (PM2,5). In inverno, in condizioni di inverisone termica quei fumi NON si disperdono. Oltre al fatto, ben taciuto, che i limiti sulle emissioni NON valgono in transitorio (accensione/spegnimento) ma a regime. Prendi le diossine: si lascia una cartuccia nel flusso dei fumi per due mesi e poi si controlla con le analisi se sta sotto il limite di legge (che è calcolato su 8 ore). Che possano avere un ruolo, se efficienti e ben tenuti è fuor di dubbio. Ma almeno i più vecchi e inefficienti andrebbero chiusi e invece che costruirne 9 nuovi andrebbero costruite prima piattaforme di recupero TMB. Potremmo scoprire con sorpresa che quei 9 nuovi non servivano.

      • Ciao Dario e complimenti per l’articolo, senza dubbio interessante.
        Qualche commento al punto tre, non per amor di polemica ma nel tentativo di aggiungere qualcosa all’analisi :
        “In inverno, in condizioni di inverisone termica quei fumi NON si disperdono.” Dipende dall’altezza a cui avviene l’inversione e vengono fatti degli studi per valutare l’altezza dei camini che prendono in considerazione anche questo parametro. In ogni caso anche se non si disperdono, le concentrazioni di inquinanti sono talmente basse che analisi del sangue eseguite sui lavoratori non mostrano valori diversi dalla norma
        “Oltre al fatto, ben taciuto, che i limiti sulle emissioni NON valgono in transitorio (accensione/spegnimento) ma a regime”. Non è ben taciuto ma è noto. In accensione gli impianti non usano rifiuto ma gas naturale o altro combustibile. Finchè non raggiungono gli 850 gradi centigradi in camera di combustione non possono immettere rifiuto proprio per garantire l’efficienza nella distruzione delle diossine.
        TMB e inceneritori non sono sullo stesso piano. Come dire : “invece che fare un trapianto di fegato, facciamone uno di esofago e non ci saranno problemi”. Il TMB non è un trattamento di fine vita ma solo un pre-trattamento che consuma energia e ha un impatto ambientale e produce purtroppo ben pochi vantaggi. L’efficienza di recupero dei TMB, sempre dati ISPRA ma 2012, è stata del 7%. Il resto è diventato CDR (Combustibile Da Rifiuto) o biostabilizzato per la discarica. Per aumentare il potenziale del riciclaggio bisogna puntare a massimizzare la raccolta differenziata in casa, con le giuste frazioni di materiale (considerando per altro che i TMB vengono pagati con soldi pubblici che francamente potrebbero essere spesi molto meglio).
        N.B. Il CDR ha tre destinazioni: a) cementifici, che lo usano come combustibile parziale, ma senza avere gli stessi filtri di un inceneritore, b ) esportazione verso altri impianti fuori UE, c) inceneritori (che potevano tranquillamente incenerire il tal quale e recuperare i metalli in post combustione).
        Detto questo di nuovo complimenti. Se non altro sono argomenti che val la pena approfondire!

      • Scusa il ritardo della risposta ma è stata una settimana di inferno. Ti spiego perché ho scritto quelle frasi:

        1)Gli inceneritori di adesso non sono quelli degli anni’80. La ricaduta delle polveri non avviene in prossimità dell’inceneritore stesso, ma, mediamente, ad una certa distanza di alcuni km, in funzione dei venti dominanti, altezza dell’inversione termica(quando presente) ecc… Si parla appunto di raggio di ricaduta delle polveri. Le analisi effettuate sul sangue dei lavoratori che citi dove sono state effettuate? Su inceneritori in pianura padana o del nord europa dove spirano forti venti? Sono state effettuate anche nell’area di ricaduta delle polveri sulla popolazione e sui soggetti più suscettibili (0-3 anni)?

        2)Durante le fermate programmate è vero che si riesce a gestire il transitorio bene, ma di fermate programmate in un anno ce ne è solo una, tutte le altre sono fermate non programmate in cui mi risulta (se hai riferimenti diversi ti pregherei di dirmeli che mi interessano) non c’è obbligo nel mantenere la T della camera di combustione ai valori corretti durante il transitorio di spegnimento.
        Inoltre le analisi dei microinquinanti sia quelle fatte dall’impianto sia quelle dell’ARPA sono eseguite a regime, in un periodo comunicato in anticipo.

        3)Sul TMB non sono molto d’accordo. Alcune configurazioni di TMB hanno la funzione che dici, ma non quelle di ultima generazione cui mi riferisco io.
        Ti dò un riferimento dell’altra parte (quella un pò “inceneritoristica”, POLIMI-MATER-LEAP):

        Fai clic per accedere a 2015-04-27_riassunto_pat_tmb.pdf

        Guarda lo schema a pag 8, lo scenario 3 recupera un ulteriore 53% di materia, conferendone solo il 28% all’inceneritore. SI considera un RUR in ingresso che ha superato un’elevata raccolta differenziata a monte.
        I dati ISPRA che citi dimostrano invece che in ITALIA la diffusione di questa tecnologia (e contemporaneamente, proseguire sulla differenziata spinta a monte) potrebbe evitare la costruzione di nuovi inceneritori e probabilmente permettere la dismissione di quelli piccoli e vecchi (inefficienti). Le discariche non sparirebbero, certo, ma neanche usando solo l’incenerimento spariscono.

  4. Guardando l’excel mi sorge spontanea una domanda, PTS, 2,5 e 10 hanno lo stesso kT per i trasporti , perchè?

  5. Mi viene da dire solo grazie. Anche se ci fossero errori. Un lavorone, complimenti Dario.

  6. Ho già apprezzato il primo, rinnovo per il secondo!
    Aggiungo una considerazione: a mio parere, il “caos” si è scatenato in quanto molti sono abituati a pensare su scala locale, magari vivendo in una metropoli (Milano…), e hanno visto dunque i dati presentati come un assist, una buona arma per chi continua a sostenere che le limitazioni all’utilizzo (e al possesso) dell’automobile siano del tutto inefficaci. Ma fortunatamente sbagliano di grosso perchè, per l’appunto, i dati presentati sono dati su scala nazionale, mentre su scala locale e, in particolare nelle grandi metropoli, le stime percentuali si riequilibrano rendendo di fatto auspicabile ogni provvedimento volto a limitare l’inquinamento da traffico urbano.

  7. Prima di tutto, grazie per gli articoli che sono molto interessanti. E poi se possibile, da ignorante in materia, vorrei suggerire un ragionamento: sono un possessore di una caldaia a pellet (avrei preferito il metano, ma la mia zona è servita male dalla rete del gas). Quando ho comprato la caldaia mi sono posto il problema delle emissioni ed ho acquistato una caldaia ad alta efficienza di produzione austriaca (per questo ho ottenuto lo sgravio del 55 per cento sul costo dell’impianto). Nel passato usavo un termocamino nel quale bruciavo circa 100 quintali di legna a stagione, oggi brucio meno di 30 quintali di pellet. Allora forse c’è un problema di legislazione su questo tipo di impianti così come avviene per le automobili?

    • Devo ancora documentarmi sull’efficienza degli impianti di combustione a legna.
      Mi viene comunque difficile capire come tu possa aver ottenuto un x3 di efficienza. O avevi un termocamino particolarmente inefficiente prima (30%) e/o hai fatto il confronto tra inverni passati molto freddi e inverni recenti molto caldi.

      • Sicuramente il camino che aveva prima era delle note ditte italiane che hanno sempre privilegiato il design all’efficienza. Da sommare come perdite di energia la quota di acqua lasciata nel legno dal venditore (e al solito gli italiani comprano a peso e non m3 ) in Germania la legna deve essere certificata al 20% di umidità in Italia no. Occorre aggiungere una bella fetta di perdita nella conduzione del fuoco. Gli errori son sempre quelli: chi mischia un pezzo verde pensando di avere braci per più tempo, chi alza la temperatura a 25 per svegliarsi a 20, chi ha il camino piccolo con la canna enorme e viceversa, ecc. C’è da dire che anche la caldaia a pellet senza puffer e regolatore di tiraggio consuma circa un 10-12% in più. Saluti

  8. Dunque Dunque, complimenti per il lavoro,
    ma da tecnico che è entrato in tante realtà e impianti (ma non sono un chimico) avrei delle obiezioni.
    1. Non sopporto le stime, soprattutto quelle basate sulle telefonate a casa ….. come l’indagine sui caminetti e sulla legna; Perchè non hanno fatto un lavoro più serio di raccolta dati rivolgendosi alla grande distribuzione, per vedere effettivamente quanta legna/pellet vengono venduti ?
    Se i grandi numeri sono in città (e qualche caminetto attorno a me in effetti l’ho notato) di certo non passano per la raccolta nei boschi, ma nei supermercati & C. Sbaglio ?
    2. Domanda molto molto provocatoria : perchè ad esempio i cittadini Danesi e i bambini Tedeschi non sono già tutti morti, visto che gli inceneritori sono usati da anni nelle città del nord Europa come sorgente del teleriscaldamento ??
    3. Altra domanda provocatoria : perché gli abitanti di città come Londra non si sono già estinti nel 1600, quando tutti si scaldavano con caminetti, legna e carbone ?? Non è che il PM2,5 sia meno pericoloso di quello che si pensi ? (ma non sono un medico, quindi sicuramente sbaglio)
    4. Altra provocazione. Le stime del traffico su gomma non si potevano evitare ? Ad esempio perchè non basarle su un CAMPIONE di auto circolanti fermate a caso lungo le strade ed effettivamente MISURATE ?
    5. Altra provocazione. Ma vi siete accorti di quanta gente usa l’auto solo per ANDARE A PRENDERE IL PANE o IL BAMBINO A SCUOLA ?? Quasi tutti i genitori lo fanno, e di certo in 3 km non riescono portare il motore+catalizzatore a regime.
    6. E’ vero che gli impianti industriali durante le 1/2 ore di avviamento sforano i limiti , ma poi funzionano a regime per GIORNI, se non per SETTIMANE. Invece, le auto che d’inverno circolano a motore ancora freddo (vedi punto precedente) ce ne sono a migliaia tutti i giorni.

    CONCLUDO
    Indipendentemente dal fatto che siano state inviate dall’ISPRA all’UE, le stime non mi piacciono e potrebbero contenere errori macroscopici.

    PS : 7. Avete mai osservato le migliaia di TIR che ogni ora attraversano l’AUTOSTRADA A4 Torino-Trieste ? Ebbene, con la costruzione della TAV si potrebbero eliminare tanti camion dalla strade, obbligandoli ad usare i treni. PECCATO che il “partito” degli ambientalisti in Italia non ci arriva.

    • Qualsiasi dato aggregato su scala nazionale è una stima. Le stime possono essere migliori o peggiori in base alla metodologia applicata (vedere nota [1]), che in questo caso è quella decisa dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. Le stime sono sempre migliorabili, ma sino a quando ciò non avviene si usano.
      Detto questo, il ragionamento fatto per le automobili vale anche per le caldaie. Tutti i limiti di emissione (per stufe/caldaie a legna/pellet i limiti sul particolato sono più alti di quelli di un inceneritore…) sono riferiti ad impianti a regime, non in transitorio, con l’aggravante di un combustibile di partenza più “sporco” di benzina e gasolio.
      Hai mai notato le fumate nere che escono dai camini al momento dell’accensione di una stufa?
      Quindi ho paura che migliorando le stime potremmo avere sorprese peggiori.

      • Sono d’accordo con Dario Faccini : L’inceneritore deve essere nell’ultimo stadio della lavorazione dei rifiuti (cioè previa differenziata e separazione).
        Per quanto riguarda le emissioni di “PRIMO AVVIO” le conosco bene, dato che di primi avvii di grossi impianti a “biomasse” e “biogas” ne ho fatti tanti. MA, Cogeneratori, Centrali a Biomasse, Inceneritori, ecc.. , sono impianti che CORRONO per SETTIMANE se non MESI.
        Volete mettere il “PRIMO AVVIO” di milioni di auto tutte le mattine e più volte al giorno nei percorsi urbani ??

    • Ho dimenticato di rispondere alla domanda 2) e 3). In effetti sono un tipico esempio di domanda mal poste.
      Paragoni con il passato o con aree geografiche diverse vanno normalizzati con le diagnosi dell’epoca, l’aspettativa di vita, altre cause di morte (malnutrizione), ventosità dei luoghi, condizioni meteo prevalenti ecc…
      Quindi un inceneritore in danimarca non dà molti problemi di inquinamento per il semplice fatto che il vento spesso presente trasporta gli inquinanti lontano. L’Italia ha una situazione di ventosità ben diversa, come sanno bene le compagnie attive nell’eolico.
      Per giungere poi a dosi letali di inquinamento per il 100% della popolazione si deve andare su valori molti elevati. Tieni presente che normalmente per i veleni si indica la LD50, la dose letale per il 50% di un campione.
      Per finire l’inquinamento dell’aria uccide 34.000 persone all’anno in Italia. Siccome l’aspettativa di vita alla nascita è mediamente 80 anni, con un conto spannometrico, vuol dire che alla nascita abbiamo più di una possibilità su 22 (80X34.000=2,700,000 con 60.000.000 di abitanti) di morire per inquinamento.
      Guarda una foto di classe delle superiori: uno dei 22 compagni (in media) morirà per inquinamento dell’aria.

  9. Carissimo Dario,
    da tecnico “industriale” sono stato abituato alla strumentazione che rileva dati in tempo reale, quindi, le stime le guardo con molto molto sospetto.
    Naturalmente concordo sulle misure a campione poi “proiettate” su una scala di dimensioni maggiore.
    Ma basare ricerche così importanti su stime, o su ipotesi di “attrito dei pneumatici” o su un campione di telefonate a casa non lo ritengo accettabile.
    Scusami ma è una deformazione professionale tutta mia.
    Argomento DECESSI :
    tra parenti, amici e conoscenti, posso farti nomi di persone morte per incidenti automobilistici, per vecchiaia, ecc, ma non conosco nessuno morto per cause nemmeno lontanamente riconducibili ad inquinamento dell’aria.
    Le persone decedute per problemi polmonari, infine, solitamente sono quelle che fumavano in modo “esasperato”.
    Ammetto che personalmente non ho mai approfondito le statistiche sui decessi, per cui non le ho mai “apprezzate”.
    Ma cambio idea se esiste un Link da studiare con dietro una ricerca scientifica con dati reali.

    • Non funziona così a livello statistico, né a quello scientifico.
      1)La mole di dati da recuperare sarebbe troppo grande per basarsi su misure dirette, per cui stimare non solo è universalmente accettato, ma è l’unico modo possibile. Le misure dirette le puoi fare solo puntualmente (singolo impianto, passaggio stradale, ecc…), ma poi devi estrapolare relazioni causa-effetto per riapplicarle sulla scala d’interesse (maggiore)
      2)Quelle che chiami “ricerche scientifiche” sono studi epidemiologici. Ci sono interi corsi di specializzazione universitaria su questo argomento. Sono ricerche tra le più difficili, perché devono monitorare una popolazione limitate per molti anni, ottenendo dati di buona qualità. Alla fine i dati vanno trattati comunque statisticamente, con varie normalizzazioni. Il singolo caso medico (decesso, morbosità, malattia) NON è imputabile direttamente ad una causa (il danno a livello genetico/cromosomico/epigenetico non è dimostrabile così), ma lo sono un certo numero di casi. Questi studi servono per estrapolare correlazioni STATISTICHE esposizione inquinante-aumento numero dei casi, che poi vengono applicate a popolazioni più grandi.

      Per studi recenti sulle stime di morti in Italia, si veda:

      http://www.viias.it/pagine/materiali-e-pubblicazioni

      L’ultimo studio europeo sul tema:

      http://www.escapeproject.eu/

      Poi la statistica può non piacere, ma allora con cosa vorresti sostituirla? Prendiamo il caso dell’uso delle biomasse. Vuoi sapere quante stufe sono installate mandando un ispettore in ogni casa, o incaricando il tecnico che controlla i fumi/fa manutenzione? E quanto costa? E l’anno dopo? E chi assicura che non ci siano falsi negativi per i motivi più vari (nero, installazioni non a norma, assenza di possibilità di ispezionare)? Alla fine potresti avere un dato che è comunque una STIMA, ma peggiore di quella che avresti avuto con un metodo più economico, usando tecniche di controllo statistico molto robuste.

    • Per avere un’idea sull’incidenza dell’inquinamento sulle malattie e morte basta leggere l’indagine condotta a livello clinico(medico) e statistico MISA 1 e MISA 2 ma ce ne sono altri . Ad ogni superamento dei valori corrisponde un picco nelle ospedalizzazioni e degenze. La correlazione tra inquinamento , manifestazioni di fasi acute di malattie e morti è accertata ed esiste. Il fumo da sigaretta fa parte di altre casistiche.

  10. Interessantissimo articolo, come il precedente. Ho solo una domanda, da profano del settore: l’esiguo contributo degli inceneritori (sempre attorno all’1%, HCB esclusi) è dovuto soltanto alla loro scarsa diffusione sul suolo nazionale o potrebbero essere effetivamente considerati dei validi sostituti di altre fonti energetiche, se fosse possibile ridurre le emissioni di HCB?

    • Discorso articolato quello sugli inceneritori. In generale sono impianti che hanno un importante impatto LOCALE e un recupero di energia parziale (https://aspoitalia.wordpress.com/2015/09/13/lefficienza-nel-bruciare-i-rifiuti/).
      Da un punto di vista energetico ha senso bruciare del materiale SOLO quando il recupero/riciclo ha un beneficio energetico inferiore (anche riciclare ha un costo energetico). Di solito il riciclaggio permette di recuperare l’energia grigia dei materiali, quindi ha un vantaggio energetico netto rispetto all’inceneritore.
      Quindi gli inceneritori hanno un ruolo, ma è quello finale dopo che sono state messe in atto tutte le azioni precedenti (riduzione, riuso, riciclo cioé recupero di materia e solo alla fine recupero di energia).

      • Sull’inquinamento come concausa di tanti mali (e alla fine anche decessi) non ci possono essere dubbi – come non ce ne possono essere sulla nocività di quell’altro fenomeno che è il fumo).

        Per gli inceneritori, fidatevi: l’ing Faccini li conosce bene. I dati ufficiali in merito sono tutti estremamente buoni -il vero problema è che lo sono anche troppo, come se bruciassero solo materiale estrenamente pulito – quindi ci sta che qualchecdubbio venga, ma solo se non si considera il lavoro fi smistamento preparatorio (il vero “segreto” di un termovalorizzatore “pulito”).

        È ovvio che,localmente, tanto pulito non può essere, come non potrebbe esserlo una qualunque stufa che bruci un po’ di tutto.
        Sarà per l’esiguo numero sul totale, ma resta che (a guardare le regioni) inquinano poco.

        È come conftontare 2 milioni di veicoli e 200 stufe: prr quanto euro 5 o 6 i primi e schifosamente zozze le seconde, alla fine i primi inquinano di più.

  11. Molto interessante. Tuttavia ragionare di un inquinante prevalentemente secondario basandosi solo sulle emissioni dirette, quindi sulla quota primaria, nonostante il disclaimer finale, può essere fuorviante. Mi riferisco al PM2.5, che almeno in Pianura Padana è prevalentemente secondario.
    In settembre Nature ha pubblicato un articolo che si pone la stessa domanda (“chi sono i mandanti?”), ma risponde con una metodologia modellistica che tiene conto della quota secondaria. Così facendo, il quadro si complica e il mandante prevalente nei paesi europei – anche in Italia – non sono i trasporti su strada, ma non sono neanche le biomasse.
    In effetti, le emissioni di ammoniaca giocano un ruolo fondamentale nella formazione del nitrato di ammonio, una delle componenti principali del PM2.5 secondario. E infatti, Lelieveld et al [1] concludono che il settore Agriculture è il mandante principale (si intendono: spandimenti di liquami zootecnici e uso di alcuni fertilizzanti).
    Complichiamo ulteriormente: probabilmente non tutte le componenti del PM2.5 hanno gli stessi effetti sanitari. Su questo si possono fare considerazioni tossicologiche, ma mancano evidenze epidemiologiche. Lelieveld et al [1] valutano l’ipotesi che i composti carboniosi (black carbon e organic carbon) abbiano un effetto 5 volte superiore alle altre componenti, e di nuovo cambia il mandante principale, che in Italia diventa… il settore dei trasporti.
    Probabilmente ci sono ancora troppe incertezze sugli effetti sanitari e sulla formazione degli aerosol organici secondari per azzardare il nome definitivo del mandante. Se la giocano trasporti, biomasse e allevamenti.

    Riferimento:
    [1] Lelieveld, J., et al. “The contribution of outdoor air pollution sources to premature mortality on a global scale.” Nature 525.7569 (2015): 367-371.
    http://www.nature.com/nature/journal/v525/n7569/full/nature15371.html

    • Certo, come ho scritto è l’esposizione quella che conta. E il ruolo dell’ammoniaca nella formazione del particolato secondario è assodato. Il fatto è che il ruolo delle biomasse nei PM2,5 è certificato anche da studi che effettuano la caratterizzazione chimica del particolato. Ad esempio il levoglucosano, il mannosano e il galattosano sono zuccheri che sono emessi soltanto dalla combustione di cellulosa.

      Nell studio citato nella nella prima parte di questo artciolo, il ruolo del particolato secondario è misurato separatamente, quindi almeno in quei luoghi, in quegli anni, il contributo delle biomasse in inverno è assodato.

      Altri studi danno risultati analoghi: circa un quarto/terzo del particolato deriva direttamente dalla legna, ed è in crescita.

      Fai clic per accedere a ferrari_et_al_es01_15.pdf

      Infine, lasciando da parte il PM2,5, dovremmo anche considerare l’inquinante mancante. Si sarà sicuramente accorto che inquesta trattazione manca una classe di inquinanti fortemente cancerogeni.
      Sarà oggetto di un post successivo.

  12. Ti ringrazio per il contributo. Solo una domanda (se non mi è sfuggito qualcosa): qual è l’inquinante rimosso da questa analisi perché merita una trattazione a parte nel prossimo post?

  13. Avevo notato la mancanza dei PAH o IPA che dir si voglia. Da analisi chimiche personali li ritengo collegati alla combustione delle biomasse in quanto li ho trovati presenti in quantità significative nell’aria di piccoli centri urbani.

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  16. Premetto che non sono certo un espert in materia però ho sempre sospettato dal primo giorno che ho acceso la mia stufa pellet nel 2006 e visto depostiarsi questo sottile stratto di polvere sul mio tavolo in giardino che non poteva fare molto bene al niente e i mie polmoni .Da allora ho sempre sconsigliato ai mie amici di acquistarne 1 sinceramente non capisco xke continua ad essere venduto tanto xke il prezzo del pellet che 1° era di circa 2.90/3.00€ adesso costa circa 4.00/4.90€
    al sacco.

    • Cara Petra, senza essere un’esperta riesci a capire bene i rapporti causa-effetto e sei onesta con te stessa. Qualità non troppo diffuse. La crescita di legna e pellet è dovuta sia a motivi economici (come per il carbone, le esternalità sanitarie non sono pagate dall’utente ma dalla collettività, anzi ci sono stati pure incentivi dello Stato) sia ad una sorta di “moda”, per via dell’atmosfera creata da una fiamma in casa. Almeno questo dicono i sondaggi.

    • La tua stufa a pellets se dava questo problema era legato sicuramente alla qualità della stufa o dell’installazione….non meno dell’aspiracenere difettoso.
      Altro che capire bene i rapporti causa (non evidenziati) ed effetto (sottolineati).
      Tutti gli altri che le usano saranno così ?
      Non te lo sei chiesto?

  17. Vivo in un paese dove moltissime abitazioni sono riscaldate a legna con impianti obsoleti. Ad una certa ora del giorno l’aria è irrespirabile e non è possibile arieggiare casa senza immettere odori e fumi sgradevoli. Leggendo l’articolo sembra che oltre all’impatto non piacevole per l’olfatto queste immissioni provochino danni alla salute. E’ possibile tutelarsi in qualche modo, anche solo per i camini non a norma (per esempio, uno collocato in un garage)?

    • Non sono un esperto in questo campo. A livello legale non credo sia possibile tutelarsi per gli effetti sanitari, perché la legislazione mi sembra molto carente. Ma sembra sia possibile tutelarsi per quanto riguarda l’odore sgradevole, per il quale si può tirare in ballo l’art 844 del cod.civile. Si veda ad esempio questa sentenza della Cassazione.

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  22. Buongiorno,
    mi scusi la domanda forse banale, ma per calcolare le emissioni da riscaldamento di un singolo edificio come si procede? Una volta che conosco i fattori di emissione per tipologia di combustibile immagino che basti moltiplicarli per l’energia consumata. Ma quest’ultimo dato è facilmente reperibile o se non lo fosse si potrebbe fare una stima a partire dalla classe energetica dell’edificio e conoscendo le sue dimensioni?

  23. Innanzitutto complimenti.
    Confesso di essere profano della materia, ma nello stesso tempo sensibile alle conseguenze per esserlo.
    Data la giornata uggiosa, mi sono imbattuto nel link nel corso di un calcolo spannometrico di quanto mi costa riscaldare casa con i 3 “sistemi” presenti nella stessa (climatizzatore con inverter in pompa di calore, caldaia a condensazione a metano e stufa radiante a legna con 91% di rendimento). A livello di puro costo orario della materia prima utilizzata, mi è risultato che spendo all’incirca:
    – con il metano € 0,50;
    – con l’energia elettrica € 0,40 attingendo solo dalla rete (ma ho anche il fotovoltaico per cui la spesa è inversamente proporzionale al soleggiamento);
    – con la legna € 0,04!!!
    Quindi, badando solo al portafoglio, non c’è storia.
    Ovviamente ho una coscienza ed anche se oramai ho 63 anni ben portati ed in salute (la toccatina è d’obbligo), ho anche dei figli in età da nipoti.
    Quindi la stufa, letto il post, sarei tentato di usarla solo quale elemento d’arredo.
    Mi scoccia però il fatto che l’ho acquistata beneficiando di un contributo del 50% della Regione (anche se di fatto gli € 1.600 che erano il massimo rimborsabile siano risultati meno di un terzo della spesa) che avrei sicuramente snobbato se avessi saputo quanto ora ho appreso.
    In pratica il mio contributo alla discussione vuole solo biasimare chi può evitarci di sbagliare o perseverare nell’errore, ma non lo fa. E’ chiaro che se vai dai “cinesi” spendi meno che andando nelle boutique o negozi di marca e che oltre alle milionate di poveri in Italia, anche tanti borghesi e ricchi – ma taccagni – se possono, comprano al prezzo più basso. Così come mi sembra perfettamente inutile dire che i “cinesi” :
    – lavorano senza regole;
    – senza rispettare le basi della sicurezza, sindacali, ecc.;
    – 20 ore al giorno…e non muoiono mai;
    se non si fa praticamente nulla per impedirlo.
    Dato che l’Italia non è un significativo produttore di legna, così come non lo è di gas, petrolio, energia elettrica, ecc., non sarebbe il caso di disincentivare l’uso di biomasse ed altre fonti energetiche inquinanti, anzichè foraggiarle come nel caso caso della mia stufa?!
    Se aspettiamo che si smuovano le coscienze a livello individuale, sarà come per la querelle sull’immigrazione, sulle varie: TAV; TAP; QUI-QUO- QUA e Paperino.
    Ognuno farà come la pensa, fregandosene altamente del quadro più generale.
    Ovviamente non auspico una “dittatura”, ma un decisionismo informato da parte di chi ci amministra.

    • Sul problema dell’incentivazione delle biomasse abbiamo scritto in altri articoli. Purtroppo in Italia la mano detsra non sa quello che fa la sinistra, anche se sul fronte delle biomasse qualcosa è cambiato almeno nella percezione.

  24. Pingback: Più morti che in guerra… – Co.C.I.T.

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