Come fuorviare l’opinione pubblica: il caso Exxon-Mobil

Manipolare i media andando contro la Scienza, contro la Ragione e contro la Storia.

di Dario Zampieri

Questa è una sintesi dell’articolo di Dario Zampieri “Come fuorviare l’opinione pubblica sul cambiamento climatico: il caso Exxon Mobil” pubblicato sul sito di ASPO Italia.

Il confronto dei documenti scientifici interni ed esterni con gli articoli pubblicati a pagamento su quotidiani come New York Times e Washington Post, letti da milioni di cittadini, mostra come fin dagli anni ’70 la Exxon-Mobil abbia contribuito alla comprensione del cambiamento climatico antropogenico, ma abbia invece contemporaneamente seminato il dubbio tramite inserzioni pubblicitarie cammuffate da articoli.

Nell’agosto 2017 è stato pubblicato su Environmental Research Letters un articolo di Geoffrey Supran e Naomi Oreskes (Dipartimento di Storia della Scienza dell’Università di Harward) dal titolo “Assessing ExxonMobil’s climate change communications (1977–2014)”. La ricerca ha preso avvio dal fatto che nel 2016 l’avvocatura generale di 17 stati dell’Unione aveva annunciato di voler collaborare a iniziative relative al cambiamento climatico, come indagini in corso per stabilire se la compagnia ExxonMobil avesse violato ripetutamente la protezione dei consumatori o degli investitori attraverso comunicazioni riguardanti il riscaldamento globale antropogenico (AGW).

La ExxonMobil ha risposto alle accuse negando decisamente di aver nascosto le proprie ricerche sul cambiamento climatico condotte per circa 40 anni, di essere consapevole che il rischio climatico è reale e di averne pubblicamente discusso, come dimostrerebbe una lista resa disponibile di 53 articoli scientifici peer-reviewed (sottoposti alla revisione da parte di pari, cioè di esperti della materia che hanno la facoltà di richiedere modifiche o di rifiutare totalmente la bozza di un articolo) prodotti a partire dal 1983. Inoltre, ha risposto che ha pubblicato anche documenti interni riportati in alcune testate giornalistiche come InsideClimate News e Los Angeles Times.

Lo scopo dell’articolo qua sintetizzato, non era quello di dimostrare che la ExxonMobil avesse soppresso la ricerca sul cambiamento climatico, bensì quello di capire come ne venissero comunicati i risultati.  L’analisi ricopre il periodo 1977-2014, relativamente al materiale reso disponibile, che include articoli peer-reviewed e non (articoli accademici, atti di convegni, rapporti, ecc.) e documenti interni. Tutti questi materiali, destinati ad un pubblico ristretto di specialisti e talora difficilmente reperibili, sono messi a confronto con i documenti pubblicati a pagamento sul New York Times (NYT), quindi pensati per influenzare l’opinione pubblica tramite una attività di lobbying.

Lo studio di Supran e Oreskes usa metodologie di analisi già sperimentate e comprende 187 documenti, di cui 32 interni, 53 etichettati nella lista fornita da ExxonMobil “pubblicazioni peer-reviewed”, 48 etichettati “pubblicazioni addizionali”, 36 inserzioni pubblicitarie (advertorials) pubblicate sul NYT, nonché 18 altre comunicazioni ottenute durante la ricerca. Tutti questi diversi materiali sono stati raggruppati in 4 categorie: interni, peer-reviewed, non-peer-reviewed, advertorials. I punti chiave con cui testare la percezione dell’AGW da parte del pubblico sono: che esso sia reale, che sia causato dall’uomo, che sia serio e infine che sia un problema risolvibile.

 

L’AGW è reale e causato dall’uomo

Del 65% delle pubblicazioni peer-reviewed che esprimono una posizione più di tre quarti, l’83%, riconoscono che l’AGW è reale e causato dall’uomo.

Del 63% dei documenti interni che esprimono una posizione l’80% riconosce, mentre la maggior parte dei rimanenti (15%) esprime un “ragionevole dubbio”. Per esempio, uno studio interno del 1979 concludeva che: “la teoria più accettata prevede che i) l’aumento (di CO2) è dovuto alla combustione dei fossili, ii) l’aumento della concentrazione di CO2 provocherà il riscaldamento della superficie terrestre, iii) l’attuale andamento del consumo di fossili provocherà drammatici effetti ambientali prima del 2050”.

La difesa della Exxon-Mobil rispetto le accuse recentemente rivoltole di aver nascosto le conoscenze sull’AGW si basa sulla diffusione di una lista di articoli peer-reviewed, non-peer-reviewed e documenti interni, che effettivamente riflettono il consenso generale. Il problema riguarda invece gli articoli a pagamento sui quotidiani.

Le colonne rosse rappresentano una posizione di dubbio rispetto al fatto che: il riscaldamento globale antropogenico è reale e causato dall’uomo (a), d è un problema serio (b), si possa risolvere senza creare danni più grandi dei vantaggi (c). Da notare che i diversi tipi di documenti esaminati sono progressivamente più accessibili al pubblico da sinistra verso destra.

 

Le inserzioni pubblicitarie cammuffate da articoli assumono prevalentemente la posizione del dubbio. Del 72% di inserzioni del NYT che prendono posizione, l’81% esprimono dubbio, con le rimanenti divise tra riconoscimento che l’AGW è reale e causato dall’uomo (11.5%) e riconoscimento e dubbio (7.5%). Sebbene non considerate nello studio di Supran e Oreskes, il tono delle inserzioni pubblicate in altri otto dei maggiori quotidiani statunitensi è lo stesso. Per esempio, nell’inserzione pubblicata sul Washington Post nel 2000 si criticava un rapporto dell’US National Assessment sul cambiamento climatico, accusandolo di “porre il carro politico davanti al cavallo scientifico” e di essere “basato su modelli inaffidabili”.

 

L’AGW è (un problema) serio

Delle 72 pubblicazioni peer-reviewed prodotte dalla Exxon-Mobil, solo 10 discutono il potenziale impatto dell’AGW, di cui il 60% prendono una posizione riconoscendo che si tratta di un problema serio, il 30% esprime dubbio, e il 10% esprime contemporaneamente riconoscimento e dubbio.

Del 47% delle pubblicazioni non-peer-reviewed che esprimono una posizione, il 45% riconoscono che si tratta di un problema serio.

Del 53% dei documenti interni che esprimono una posizione il 35% riconosce che è un problema serio. Un caratteristico riconoscimento si trova in un documento del 1980 in cui si scrive: “ Ci sono alcune particolari drammatiche questioni che possono causare seri problemi globali. Per esempio, se la piattaforma glaciale Antartica, che poggia su terreno, si sciogliesse, questo provocherebbe un sollevamento del livello marino nell’ordine di 5 metri. Ciò causerebbe l’annegamento di gran parte della costa orientale degli Stati uniti, incluso lo stato della Florida e Washington D.C.”. Un esempio di dubbio si trova in un documento del 1981 che scrive: “Non è ancora stato provato che l’aumento di CO2 atmosferica costituisca un serio problema che richieda un’azione immediata”.

Del 58% delle inserzioni su quotidiani che prendono posizione sul carattere serio dell’AGW il 62% esprimono dubbio. La maggior parte dei rimanenti esprime una posizione mista, spesso ritenendo che la preoccupazione degli impatti climatici sia allarmistica, come un’inserzione del 1995 che titola: “Il cielo non sta cadendo” ed afferma: “L’ambiente recupera bene i disastri naturali e quelli provocati dall’uomo”.

 

L’AGW è risolvibile

La posizione su questo argomento varia considerevolmente nei diversi documenti. Degli articoli peer-reviewed solo il 3% dubita che l’AGW sia un problema troppo difficile da risolvere (per esempio limitando le emissioni di CO2). Documenti interni ed articoli non-peer-reviewed pure esprimono un basso livello di dubbio, rispettivamente il 9% e il 19%. Al contrario, il 64% delle inserzioni sui quotidiani esprimono posizione mostrando che le difficoltà di mitigare il riscaldamento globale sono potenzialmente irrisolvibili e che il costo supera i vantaggi.

 

Riserve bloccate (stranded assets)

Dei vari documenti, 24 alludono al concetto di riserve bloccate: 7 peer-reviewed, 10 non-peer-reviewed, 7 documenti interni. Nessuna inserzione nei quotidiani ne accenna. Per riserve bloccate si intendono riserve accertate, ma che per vari motivi (per esempio per permettere ad un paese di rispettare gli accordi sulla riduzione delle emissioni di CO2) non possono esser prodotte. Ovviamente, riserve che diventano “stranded” producono una diminuzione del valore finanziario della compagnia detentrice. È evidente che parlarne avrebbe potuto preoccupare gli investitori.

 

Conclusioni

La ricerca di Supran e Oreskes conferma che la Exxon-Mobil non ha soppresso la ricerca interna sul cambiamento climatico. Al contrario, i loro scienziati vi hanno contribuito ed hanno supportato il consensus generale. Questo è proprio quello che la compagnia esibisce a propria discolpa rispetto le accuse rivoltele.

Tuttavia, a partire dal 1989 la stessa compagnia ha fuorviato l’opinione pubblica e i decisori politici pubblicando su quotidiani a larghissima diffusione articoli a pagamento, che spesso hanno presentato idee contrastanti rispetto a quelle espresse nella maggior parte degli articoli dei propri scienziati, i quali sono accessibili però ad una ristretta categoria di persone. Il tentativo di difesa della compagnia non fa dunque che peggiorare la propria posizione, perché dimostra che essa ha attuato una precisa strategia di disinformazione.

 

 

Geoffrey Supran and Naomi Oreskes, Assessing ExxonMobil’s climate change communications (1977–2014). Environ. Res. Lett. 12 (2017) 084019

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