UNBURNABLE CARBON

Il convegno che non ti aspetti.

Di Mirco Rossi

La gioventù di Bacco, 1884

Quando mi arrivò l’invito a partecipare al Convegno “UNBURNABLE CARBON”, organizzato dal Centro interdipartimentale di studi di economia e tecnica dell’energia Levi Cases dell’Università di Padova, pensai: “Ma guarda, c’è anche chi, dall’interno delle università, considera opportuno rallentare e magari fermare l’estrazione dei combustibili fossili, lasciando quelli che restano dove sono, cioè sotto terra”.

L’immediata positiva impressione ricevuta mi ha portato trascurare il resto del contenuto della locandina e a non approfondire gli argomenti che sarebbero stati sviluppati dai vari relatori, sicuro che più o meno si sarebbero articolati nel mettere in luce che già troppo carbonio è stato liberato in atmosfera e che dobbiamo lasciare quanto più possibile del resto dov’è.

Non è andata così e ho potuto ascoltare dotte e approfondite relazioni su lavori svolti nell’Amazzonia Equadoregna, tesi a valutare se qualche area classificata come potenzialmente promettente per l’estrazione di risorse fossili, presentasse complicazioni ambientali e/o antropiche tali da suggerire la sua esclusione tra quelle da sfruttare.

Ricercatori e studenti, che si erano recati in loco, avevano cercato e raccolto dati e testimonianze che venivano ora presentate con dovizia di commenti. In effetti avevano individuato seri motivi per disegnare una possibile scala di priorità e sospendere prospezioni e trivellazioni, per la salvaguardia di qualche tribù indigena, di tratti di foresta o di importanti biodiversità locali.

Lavori apprezzabili, che sicuramente hanno arricchito culturalmente chi li ha svolti e il patrimonio documentale dell’università. Ma il convegno esplicitamente trascurava di affrontare le conseguenze sul riscaldamento globale della continua liberazione del carbonio in atmosfera, concentrandosi esclusivamente sui criteri che suggerivano di risparmiare lo sfruttamento di certi giacimenti rispetto ad altri.

Al termine intervenni chiedendo se non si facesse così eccessivo affidamento sulle potenzialità delle fonti rinnovabili (escluso l’idroelettrico, espandibile di qualche percento solo a costo di enormi disastri ambientali sui grandi fiumi, nel 2017 eolico e fotovoltaico a livello globale hanno prodotto, in forma elettrica , poco più del 2% dell’energia primaria mondiale , vedi grafici allegati) per sostituire quelle fossili e limitarne le ormai chiare, disastrose, conseguenze, in tempi che le dinamiche in atto fanno presagire storicamente brevi, se non brevissimi.

Il mio intervento, che risuonò un po’ stonato in quel contesto, ricevette in sostanza due risposte:

  1. le energie rinnovabili contano ben di più di quanto io avevo sostenuto e, comunque, questa ricerca prevede un approccio in due fasi: prima si individuano le priorità in base alle quali certi giacimenti non vanno sfruttati, rispettando l’ambiente e le popolazioni locali; poi si affronta la questione di come sostituire le fonti fossili in generale con le energie rinnovabili.
  2. il genio umano e la tecnologia riescono sempre a trovare le soluzioni ai problemi.

Da questo aneddoto emerge quindi che, anche a livello di strutture universitarie, specificatamente orientate a studiare i temi ambientali ed energetici, non sempre si riscontra sufficiente consapevolezza della gravità del momento in cui ci troviamo, certificato dallo stesso IPCC nel rapporto speciale diffuso l’8 ottobre 2018 in preparazione della COP 24: se vogliamo avere una qualche probabilità di restare al di sotto di 1,5° o 2° C di aumento di temperatura rispetto l’epoca pre-industriale, dobbiamo subito cominciare a lasciare i restanti combustibili fossili sottoterra.

Invece, si riscontra spesso un ingiustificato cieco ottimismo sulla capacità della scienza e della tecnologia a individuare la soluzione a qualunque problema. Àncora di salvataggio, a cui si aggrappano tutti i decisori quando non sanno più che pesci pigliare per affrontare i problemi energetico-ambientali, che ad ogni anno che passa si aggravano.

Per evitare fraintendimenti come quello che ho raccontato, da oggi in poi, nel leggere le locandine, dedicherò maggiore attenzione agli interventi dei singoli relatori. Partecipare, e magari intervenire quando non si condivide qualche impostazione, è sempre utile perché si alimenta il dibattito e si stimolano riflessioni, ma almeno sarò più consapevole del contesto in cui vado a collocarmi.

3 risposte a “UNBURNABLE CARBON

  1. Le stesse considerazioni si leggono nel dibattito (ai tempi del referendum ed oggi) sulle trivellazioni in Adriatico. Si parla di inquinamento, impatto ambientale, questioni strategiche, ma l’idea che forse del metano va lasciato sottoterra visto che diventa CO2 una volta estratto è al di là dell’orizzonte della discussione.

  2. Mussolini ed Hitler erano convinti di poter vincere la guerra grazie alla tecnologia delle nuove armi… (Ma come sapete non arrivarono in tempo.)

  3. chi glielo va a dire che un mondo sostenibile ha al massimo una popolazione di 500 mln – 1mld? Il resto è in fondo tutta fuffa.

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