Le bufale sull’Italia Saudita

Se vi dicono: “Se solo estraessimo il nostro gas!”

Rispondete: “E se solo fossimo ancora nel 1965!”

Se vi dicono: “I Croati ci rubano il gas!”

Rispondete: …

Di Luca Pardi e Gisberto Liverani

In copertina, l'affondamento della piattaforma metanifera Paguro, a largo di Ravenna, nel 1965, dopo il grave incidente in cui morirono tre operai.

In seguito agli aumenti di prezzo del gas naturale causati in gran parte dalla guerra in Ucraina, si sono moltiplicati gli appelli allo sfruttamento delle risorse nazionali di gas-naturale considerate abbondanti o, almeno, sufficienti a ridurre il costo delle bollette.

Cerchiamo di spiegare la ragione per cui questi appelli sono fuori luogo e le dichiarazioni poco meditate.

È sufficiente consultare la documentazione presente sul sito del Ministero della transizione ecologica. Dove si trova la documentazione dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (UNMIG) afferente al Ministero dello Sviluppo Economico. Il documento a cui si fa riferimento è: “UNMIG Databook 2021” che è relativo all’attività di ricerca e sviluppo ed estrattiva degli idrocarburi nazionali nel 2020, ed è stato pubblicato nel giugno 2021. Un file pdf nemmeno tanto corposo con quasi tutti i dati di cui abbiamo bisogno.

Partiamo però dai dati di consumo e produzione di gas naturale in Italia, che prendiamo dal database che la British Petroleum pubblica ogni anno ed è gratis: la Statistical Review of World Energy 2021.

I dati di produzione sono praticamente sovrapponibili a quelli dell’UNMIG per il semplice motivo che la BP li prende da questa fonte. Come si vede, dall’inizio degli anni ’70 del ‘900 i consumi nazionali si sono progressivamente e considerevolmente discostati dalla produzione nazionale che rappresenta oggi meno del 10% dei consumi. La produzione nazionale di gas naturale ha raggiunto e superato il picco produttivo intorno al 1994 e, da allora, è quasi in costante declino tranne una debole ripresa negli anni dal 2009 al 2012. Il consumo dell’anno 2019, prima della pandemia (possiamo considerarlo il dato normale) è stato di quasi 71 miliardi di metri cubi di gas naturale. La produzione dello stesso anno è stata di 4,6 miliardi di metri cubi.

Forse qualcuno pensa che non si produca gas per qualche motivo politico, ma il motivo è molto più semplice. I giacimenti di gas italiani, in terra e in mare sono in via di esaurimento terminale. Ogni anno se ne scoprono di nuovi, ma sono tutti sostanzialmente irrilevanti. Questo trend (scoperte di taglia sempre più piccola), conosciuto in esplorazione come creaming curve, è tipico di play (temi di ricerca) maturi. Nel caso particolare del principale dei play gassiferi italiani, quello delle sabbie plio-pleistoceniche del bacino padano-adriatico, il picco delle scoperte è da collocarsi tra il 1967 e il 1971, con la scoperta degli importanti campi di Agostino, Porto Garibaldi e Barbara nell’offshore romagnolo-marchigiano. Il declino della produzione è dovuto a questo motivo: le risorse non rinnovabili, e fino a prova contraria il gas e il petrolio sono tali, si esauriscono.

È forse utile dare uno sguardo alla situazione delle riserve nazionali stimate da UNMIG. Per questo torna utile il documento citato all’inizio. A pagina 36 di questo documento si trova la tabella delle riserve stimate.

Come si vede le riserve sono classificate in tre categorie: Certe (P1), Probabili (P2) e Possibili (P3). Le riserve certe sono, secondo quando afferma il documento, le quantità stimate di gas che, sulla base dei dati geologici e di ingegneria di giacimento disponibili, potranno, con ragionevole certezza (cioè una probabilità maggiore del 90%), essere commercialmente estratte nelle condizioni tecniche, contrattuali, economiche ed operative esistenti al momento considerato.
Le riserve probabili (P2) rappresentano le quantità di gas che, sulla base dei dati geologici e di ingegneria dei giacimenti disponibili, potranno essere recuperate con ragionevole probabilità (maggiore del 50%) in base alle condizioni tecniche, contrattuali, economiche ed operative esistenti al momento considerato; gli elementi di incertezza residua possono riguardare l’estensione o altre caratteristiche del giacimento (rischio minerario), l’economicità (alle condizioni del progetto di sviluppo), l’esistenza o adeguatezza del sistema di trasporto degli idrocarburi e/o del mercato di vendita.
Le riserve possibili (P3) sono le quantità di gas che si stima di poter recuperare con un grado di probabilità decisamente più contenuto (molto minore del 50%) rispetto a quello delle riserve probabili, ovvero che presentano grado di economicità inferiore rispetto al limite stabilito.
Il documento riporta anche un dato interessante dato dalla combinazione delle riserve P1, del 50% delle P2 e del 20% delle P3, e definito come riserve recuperabili. Il valore delle riserve recuperabili di gas è riportato in una tabella a pagina 38 congiuntamente a quelle di olio (petrolio, cioè la frazione liquida degli idrocarburi) in Tonnellate Equivalenti di Petrolio TEP, e in un grafico in cui si apprezza il declino delle quantità recuperabili nella serie storica dal 2000 al 2020.

Conclusione: le riserve recuperabili stimate da UNMIG ammontano a circa 73 miliardi di metri cubi di gas. Pari a poco più di un anno di consumo nazionale. Per comparazione, il solo campo Zohr recentemente scoperto da Eni in Egitto contiene circa 850 Gm3. Si tenga conto poi che tali riserve non sono immediatamente disponibili, ma dovrebbero essere estratte e convogliate sul mercato con tempi compatibili con la realtà operativa delle imprese petrolifere.

Molti commentatori richiamano l’attenzione sulle risorse gassifere non sfruttate dei campi dell’Alto Adriatico, il cui potenziale totale è stimato tra i 30 e i 40 miliardi di metri cubi, non contabilizzati nella tabella di cui sopra. Si tratta di un gruppo di accumuli di modeste dimensioni scoperti da Eni/Agip negli anni ’70 a Nord della foce del Po, il cui sviluppo fu congelato nel lontano 1983 per timore di provocare subsidenza nella laguna veneta, in attesa di studi in materia, poi eseguiti anche da Eni stessa. La moratoria governativa continua al giorno d’oggi, dato che i rilievi hanno dimostrato che l’estrazione di metano, per quanto non unica causa dei fenomeni di subsidenza (in parte naturali), ha effetti dell’ordine dei decimetri sulla verticale dell’area produttiva, con coni di influenza dell’ordine dei km. Considerando il rischio di danneggiare Venezia e il suo turismo, valutabile in più di 5 miliardi di euro l’anno, e il fatto che i volumi in gioco soddisfanno solo circa 6 mesi dei consumi nazionali, crediamo inopportuno rispolverare questo progetto.

Un’altra popolare fake news è quella dei croati che ci succhiano il gas. “E comunque di là sono più furbi e sfruttano tutte le loro risorse”. Innanzitutto, va detto che le riserve, prodotte e residue, del settore croato sono molto inferiori a quelle italiane, per semplici ragioni geologiche (la serie sedimentaria che ospita i giacimenti di gas si assottiglia marcatamente da Ovest a Est), e sono ugualmente mature. Inoltre, i campi dell’Adriatico hanno modeste dimensioni areali (qualche chilometro quadrato) e i raggi di drenaggio dei pozzi arrivano a poche centinaia di metri. Ma soprattutto nell’unico caso di accumulo a cavallo della linea mediana (campo Annamaria) si è svolto uno sviluppo congiunto, anche perché nella concessione croata la locale compagnia statale INA opera in JV con Eni.

Questo dovrebbe convincere ognuno che le riserve nazionali residue di gas non sono affatto abbondanti. Anche ammettendo che le variate condizioni economiche, cioè i prezzi di mercato molto alti di queste settimane, possano incrementare le quantità recuperabili è molto improbabile che tali incrementi possano modificare in modo sostanziale la fornitura di gas per l’Italia.

L’estrazione di gas si protrae dal primo dopoguerra, quando l’avviò Mattei, ed è ormai in declino, essa continuerà senza risolvere il problema energetico ed economico. Infatti, anche volendo leggermente aumentare la produzione (cosa non banale, ma neppure impossibile) si aggiungerebbe una quantità irrisoria di gas sul mercato tale da non modificarne il prezzo.

L’unica via rapida ed efficace per affrontare il problema è una virata decisa nella direzione dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Dovremo comunque stringere la cinghia, fare con meno energia, ma prepareremo un futuro meno problematico per le generazioni future sia dal punto di vista energetico sia da quello ambientale.

Luca Pardi

(CNR-IPCF. ASPO-Italia)

Gisberto Liverani

(geologo di esplorazione petrolifera con 34 anni di esperienza. ASPO-Italia)

5 risposte a “Le bufale sull’Italia Saudita

  1. Grazie per il lavoro svolto
    Non sono d’accordo sulla battuta finale “della svolta verso la green energy…
    Per quello che so io (con ricerche caserecce nel” web”) si inquina se non prima, dopo! Tutta la filiera va conteggiata (estrazione produzione messa in opera e smaltimento) non solo il momento di produzione energetico
    LA SOLA ENERGIA PULITA È QUELLA CHE NON CONSUMI!!!

  2. Grazie per il lavoro svolto
    Non sono d’accordo sulla battuta finale “della svolta verso la green energy…
    Per quello che so io (con ricerche caserecce nel” web”) si inquina se non prima, dopo! Tutta la filiera va conteggiata (estrazione produzione messa in opera e smaltimento) non solo il momento di produzione energetico
    LA SOLA ENERGIA PULITA È QUELLA CHE NON CONSUMI!!!

  3. Sicuramente, va fatta una “life cycle analysis”. Si fa, e le rinnovabili ne escono piuttosto bene. Molto meglio delle fossili. Consumare meno è doveroso, ma possiamo farlo fino ad un certo punto. Poi l’energia serve, e se non ce l’hai con le rinnovabili devi procurartela con i fossili. E questo detto da chi non ha un’auto e ha bollette talmente ridicole da potersene fregare degli aumenti attuali.

  4. Articolo molto utile per demolire l’ennesima panzana indotta dal classico ma implacabile “virus” autarchico-nazional-sovranista… Saluti

  5. ringrazio gli autori per una comunicazione tecnicamente valida, interessante e i commenti chiari e condivisibili

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